Iran-Arabia: alta tensione nel Golfo Persico
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Iran-Arabia: alta tensione nel Golfo Persico

Teheran vi annuncia la costruzione di nuove basi navali così come nel Golfo di Oman. Un segnale di sfida a Riad che deve preoccupare gli Usa

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Sale la tensione nel Golfo Persico dopo che il 21 novembre i Paesi membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) hanno annunciato l’intenzione di chiedere l’estromissione dell’Iran dall’Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OIC). All’affronto dell’Arabia Saudita e dei suoi alleati della penisola araba, Teheran ha risposto a stretto giro presentando un piano militare per la messa in sicurezza delle coste e dei traffici marittimi controllati nelle acque del Golfo Persico e del Golfo di Oman.

 Il sottoammiraglio Habibollah Sayyari ha specificato che il progetto risale in realtà al 2014 e che in questa fase prevede la costruzione di tre basi navali e la delimitazione di aree ristrette al largo di Makran, nella regione del Baluchistan al confine tra Iran e Pakistan. Scopo formale dell’operazione è impedire che imbarcazioni di pirati prendano di mira i traffici marittimi in entrata e in uscita dall’Iran.

 

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(In corrispondenza del puntatore rosso l’area in cui l’Iran costruirà nuove basi navali)

 

Stando alle cifre elencate da Sayyari, nel 2016 la Marina militare iraniana ha consentito il passaggio sicuro nelle acque del Golfo Persico e del Golfo di Oman di 3.844 tra navi mercantili e navi cisterna. Mentre tra il Golfo di Oman, il Mar Caspio e l’Oceano Indiano, in un’area della grandezza di 2.100.000 mq, sono al momento 44 le navi da guerra impiegate in varie missioni. E presto la Marina militare, ha sottolineato Sayyari, potrà disporre di nuove armi e attrezzature fabbricate in Iran: missili SSM (Surface to Surface Missile), droni e sistemi radar LPIR (Low probability of intercept radar).

 È però difficile credere che quello dell’antipirateria sia l’unico fine dell’Iran, considerato che l’ultimo attacco a una nave mercantile iraniana diretta in Yemen da parte di un gruppo di somali risale al novembre del 2008. È invece ben più realistico credere che questo annuncio sia una risposta con cui l’Iran ha mandato un segnale inequivocabile ai suoi competitor e agli altri interlocutori nell’area: non solo l’Arabia Saudita, ma anche gli Stati Uniti a due mesi dall’insediamento formale di Donald Trump alla guida della Casa Bianca.

 Le cifre pubblicate da Russia Today dimostrano che proprio nelle acque in cui l’Iran si appresta a costruire nuove basi navali nell’ultimo anno i momenti di tensione con Washington non sono mancanti. Solo nel 2016 tra il Golfo Persico e il Golfo di Oman gli episodi di tensione tra le flotte schierate dai due Paesi nell’area sono stati oltre 30. A settembre sette navi d’attacco rapido iraniane avevano rischiato di scontrarsi con la nave da guerra USS Firebolt nel Golfo Persico. Mentre a gennaio scorso due navi americane con a bordo 10 marines erano state fermate e lasciate andare dopo un giorno per essere entrate in acque iraniane, avvicinandosi troppo all’isola di Farsi, nella parte settentrionale del Golfo Persico. Per non parlare dei recenti “scambi di cortesie” nello stretto di Bab el-Mandeb, nel Mar Rosso al largo delle coste yemenite, con lanci di missili tra i ribelli sciiti Houthi – sostenuti dall’Iran – e i cacciatorpediniere della Marina americana.

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Manuel Godano