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Gran Bretagna: caccia grossa agli immigrati irregolari

Una discussa legge approvata dalla maggioranza Tory impone ai proprietari di casa di sfrattare i richiedenti asilo la cui domanda non è stata accolta

Ormai, in Gran Bretagna, è caccia aperta ai migranti "irregolari". Anche i padroni di casa potranno - anzi dovranno - prendervi parte: sfrattando, senza badare al contratto d'affitto e senza attendere giudizi della magistratura, quei richiedenti asilo la cui domanda risultasse scaduta o non accolta. A prevederlo è una norma proposta dal governo conservatore di David Cameron, sullo sfondo della crisi dei migranti che cercano di raggiungere il Regno Unito da Calais, sul versante francese della Manica. E si tratta di un ennesimo giro di vite in materia, come anticipa la stampa londinese, in larga parte schierata per la linea dura.

 Fa stecca dal coro il progressista Guardian, perplesso di fronte al fatto che - laddove approvato - questo provvedimento - che si aggiunge a una norma analoga che prevede la sospensione dei sussidi per quei migranti la cui domanda per ottenere asilo risulta scaduta - arriverebbe a minacciare sulla carta fino a 5 anni di carcere ai proprietari 'inadempienti'. In barba al fatto che l'idea di uno sfratto esecutivo in assenza del verdetto di un giudice sia senza precedenti nell'ordinamento britannico moderno. Il clima creatosi attorno a quella che viene presentata come "l'emergenza di Calais" favorisce d'altronde l'inasprimento della fermezza già sbandierata da tempo da Londra contro l'immigrazione 'spontanea'. E la stampa destrorsa cavalca l'allarmismo. Il tabloid Daily Mail sostiene ad esempio oggi - citando dati di imprecisate fonti francesi che non trovano al momento conferma ufficiale in Gran Bretagna - che il 70% dei 5-6.000 disperati censiti nella tendopoli di 'campo giungla' all'inizio della crisi sia ormai in viaggio verso il Regno.

Mentre il Telegraph racconta inorridito di taxi da 150 sterline che sarebbero stati pagati per trasferire persone, forse riconosciute come potenziali rifugiati, da Dover a Londra. Dalla Francia arriva intanto notizia di altri 1700 tentativi d'incursione la notte scorsa, anche se in buona parte falliti. E a Downing Street si riunisce di nuovo il comitato emergenziale britannico denominato 'Cobra' che in queste settimane ha partorito una raffica di misure per l'invio di uomini della sicurezza, di barriere e persino di mute di cani da fiuto, a presidio dell'imbocco dell'Eurotunnel. Risposte muscolari a cui ieri è poi subentrato l'appello congiunto con Parigi per un intervento di quella stessa Unione Europea tante volte ignorata in passato. Il problema ha in effetti aspetti reali, perche' rischia di bloccare un passaggio a imbuto, vitale per il traffico merci e il turismo. Con perdite economiche che il Financial Times calcola in milioni di sterline al giorno. Ma c'è chi denuncia il pericolo di esagerare la portata dei fatti e di strumentalizzarli. Tanto più che è la stessa 'ferocia' dei controlli a contribuire a rallentamenti, rinvii e deviazioni.

La Chiesa d'Inghilterra, per bocca del vescovo di Dover, deplora le isterie di alcune reazioni e richiama "il dovere dell'accoglienza". Mentre pochi giorni fa e' stato l'emissario dell'Onu per l'immigrazione internazionale, Peter Sutherland, a ridimensionare il fenomeno, ricordando come finora si contino al massimo in qualche centinaio gli 'infiltrati' passati in Gran Bretagna, spesso "in fuga da persecuzioni" e dunque con diritto all'asilo. La Svezia bolla infine come incoerenti gli appelli e le recriminazioni di queste ore verso l'Ue: vista la scarsa generosità del governo Cameron quando si trattò di affrontare flussi, di ben altra entità, nel Mediterraneo e di suddividere fra Paesi europei quote di rifugiati da ospitare.

Immigrati a Calais

Rob Stothard/Getty Images
Una donna prega in un campo profughi vicino al porto di Calais, in Francia

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