Shinzo Abe all'ONU
XINHUA/LI MUZI/Olycom
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Giappone e India: cosa dice l'accordo sul nucleare

Tokyo fornirà il proprio know how per permettere a New Delhi di sviluppare progetti a scopo civile. E scoppiano le proteste

per Lookout News

L’incontro tra il primo ministro giapponese Shinzo Abe e il suo omologo indiano, il primo ministro Narendra Modi, volato a Tokyo lo scorso 8 novembre per una visita istituzionale di quattro giorni, ha decretato un nuovo salto di qualità nei rapporti tra India e Giappone. I due Paesi hanno sottoscritto diversi accordi di cooperazione, tra cui una inedita e controversa intesa sul nucleare civile, giunta dopo un’intensa attività di negoziazione che aveva preso il via a partire dal 2010.

Si tratta della prima volta che il Giappone, unico Paese al mondo ad aver subito sulla propria pelle la devastante potenza della bomba atomica, si avvia a firmare un accordo sul nucleare con uno Stato come l’India, che si è sempre rifiutato di sottoscrivere il trattato di non proliferazione in base al quale viene limitato ai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia e Cina) la possibilità di sviluppare e possedere armamenti nucleari.

Come affermato dal premier Abe nel corso di una conferenza stampa, i termini dell’accordo dovrebbero garantire la “cornice legale” entro la quale verrebbe assicurato il corretto utilizzo delle tecnologie, dei macchinari e del combustibile che l’India si appresta ad acquistare dal Giappone e che Nuova Delhi sarà tenuta a impiegare per scopi puramente civili. Secondo una clausola, infatti, qualora l’India violasse la moratoria del 2008 sullo svolgimento di test nucleari, si avrebbe la sospensione automatica dell’accordo.

L’intesa bilaterale dovrà ora passare attraverso l’approvazione del parlamento giapponese, ma già si sono levate le prime voci di protesta, in particolare da quella parte della popolazione nipponica che è stata costretta all’evacuazione a causa del disastro nucleare di Fukushima del marzo 2011. Protestano anche gli abitanti e le autorità delle città di Hiroshima e di Nagasaki, il cui sindaco ha definito la firma dell’accordo “estremamente spiacevole per una città che è stata colpita da un’arma nucleare”.
 
Il Giappone di Abe punta molto sulla possibilità di esportare il proprio know-how tecnologico e la propria expertise in materia di nucleare civile per poter rilanciare la crescita economica del Paese, soprattutto dopo la crisi che ha investito le aziende legate all’industria del nucleare a seguito della catastrofe del 2011.

Nell’incontro tra Abe e Modi sono stati firmati anche altri accordi, come quello finalizzato all’esportazione in India della tecnologia dello Shinkansen, il cosiddetto “treno proiettile”, per creare una linea ad alta velocità di 500 km tra Mumbai e Ahmedabad; o come l’acquisto, da parte della Marina e della Guardia Costiera indiana, di dodici US-2, aerei anfibi turboelica prodotti dalla giapponese ShinMaywa e impiegati principalmente in operazioni di rescue and recovery, per l’ammontare di circa 1,6 miliardi di euro.
 
Si tratterebbe, per il Giappone, della più importante operazione commerciale in ambito militare da quando nel 2014 il Governo giapponese ha operato un “rilassamento” sulle restrizioni riguardanti l’export di armi all’estero, sino a quel momento rigorosamente vietato, in virtù di un principio “auto-limitante” che il Paese si era volontariamente imposto dal 1967.

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Priscilla Inzerilli