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Federica Mogherini non merita medaglie

L'Alto rappresentante Ue per gli affari esterni non si è vista nella crisi libica, è stata inadeguata sui migranti e sfuggente sull'Ucraina

Se non sai affrontare un problema, negalo e tira diritto. Dall'assenza sul fronte libico (occupato militarmente dal presidente francese Emmanuel Macron) al fallimento nella crisi ucraina, dalle violazioni sistematiche dei diritti umani in "Paesi amici" al disastro nella gestione dei migranti: sembra questa la filosofia dell'Alta rappresentante della Ue per gli affari esterni e la politica di sicurezza, Federica Mogherini.

Sono del resto tempi duri per l'Europa, inutile negarlo. Mentre si intensificano le tante crisi nelle quali sarebbe legittimo pretendere una sua presenza più attiva e consapevole, l'Unione non solo brilla per assenza ma anche per l'inconsistenza e l'incoerenza coni suoi stessi principi, tante volte in passato retoricamente sbandierati.

Altro che "potenza civile" o, addirittura "potenza etica". L'ambizione e l'arroganza di poter "guidare il mondo attraverso la sua azione esemplare", di poterlo persino trasformare a sua immagine e somiglianza, è bell'e che naufragata in un mare di contorsioni e furberie. Sul banco degli accusati è finita innanzitutto l'Alta rappresentante, una dei sette (sette!) vicepresidenti della Commissione europea, Federica Mogherini.

Imposta da Matteo Renzi, al suo esordio da primo ministro ed enfant prodige della politica italiana, dopo un estenuante braccio di ferro con Angela Merkel, Federica Mogherini ha fallito nel suo compito, nonostante che negli anni si sia avvalsa del consiglio e del sostegno di collaboratori anche preparati e autorevoli.

Intendiamoci bene: sarebbe ingeneroso addebitare l'irrilevanza dell'azione esterna dell'Unione Europea esclusivamente ai limiti di Mogherini. Il compromesso costituzionale di Lisbona non rappresentava certo il miglior viatico per un'istituzione che si affacciava sulla ribalta internazionale con un ritardo e una timidezza davvero imbarazzanti. E nessuno si poteva attendere (a cominciare da Matteo Renzi), che l'ex ministro degli Affari esteri della Repubblica (carica cui era stata disegnata tra lo stupore generale, prima di essere dirottata a Bruxelles) potesse dimostrare e possedere la statura dello spagnolo Javier Solana.

Il primo a rivestire l'incarico di Mr Pesc (l'acronimo per definire appunto il responsabile di politica estera e sicurezza comune), Solana seppe "riempirlo" con le sue capacità e la sua esperienza, dopo essere stato Segretario generale della Nato. Certo è che tutto ci si poteva aspettare meno che le venisse mossa, contemporaneamente, l'accusa di non voler vedere la realtà per quella che è, nascondendosi dietro a una retorica "europearda", e quella di agire con cinismo, in dispregio non solo dei principi dell'Unione ma anche delle indicazioni del Parlamento di Strasburgo.

Questo è invece il pesante rilievo che è stato avanzato all'Alta rappresentante riguardo, tanto per fare un esempio, alla politica tenuta nei confronti dell'Etiopia, il cui regime è responsabile di aver fatto centinaia di vittime e decine di migliaia di arresti tra l'etnia degli Oromo negli ultimi due anni.

Durante una visita ufficiale ad Addis Abeba, lo scorso marzo, ritenuta da molti osservatori "assolutamente inopportuna", Mogherini si sarebbe limitata a blandi e indiretti ammonimenti sul rispetto delle libertà fondamentali, per non irritare il regime, la cui collaborazione nella lotta allo "human trafficking" è molto apprezzata. Un simile atteggiamento, tra il pratico e il cinico, stride però con l'ostinazione con la quale la signora Mogherini si rifiuta invece di constatare il fallimento totale di Frontex nel combattere il traffico di migranti nel Mediterraneo.

Proprio su questi presupposti, il Belgio ha deciso nei mesi scorsi di ritirare le proprie navi dal dispositivo militare, con la motivazione che l'intera operazione ha incoraggiato i viaggi della disperazione e arricchito i "nuovi negrieri". Affermazioni, queste, che in Italia riguardano il complesso delle operazioni di salvataggio in mare e della cui plausibilità il governo Gentiloni ha fornito indiretta conferma, con l'ipotesi del lancio di un'operazione di assistenza alle operazioni di controllo della acque territoriali libiche su richiesta delle "autorità" di Tripoli.

Un comportamento speculare, invece, è quello tenuto nei confronti della Russia sulla questione ucraina. Lo scorso aprile Mogherini ha insistito per recarsi a Mosca, allo scopo di riprendere il dialogo con la Russia. L'iniziativa aveva destato perplessità preventive non solo in ambito Ue, ma anche a Parigi e a Berlino (di fatto le due capitali che si occupano concretamente della questione).

Il timore era che i russi potessero interpretare il viaggio come una mossa verso l'accomodamento sull'intera vicenda della Crimea e del Donbass. E così puntualmente si è verificato. Il ministro degli Esteri Sergej Viktorovic Lavrov, facendosi forte delle contorsioni verbali e delle circonlocuzioni cui l'Alta rappresentante ha fatto ricorso nelle sue dichiarazioni pur di non nominare mai i russi, ha avuto buon gioco nel chiedere su quali basi l'Unione europea insista con le sanzioni verso Mosca.

Anche considerando che, proprio stando alle parole di Mogherini e del suo intero European external action service (ovvero la diplomazia della Ue), la responsabilità della situazione di stallo nell'applicazione degli accordi di Minsk sia da addebitare a tutte le parti in causa. E non solo alle sistematiche inadempienze russe su quanto stabilito in Bielorussia.

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Vittorio Emanuele Parsi

Professore ordinario di Relazioni Internazionali all'Università Cattolica di Milano

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