Ora la Corea del Nord brandisce la minaccia nucleare
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Ora la Corea del Nord brandisce la minaccia nucleare

Kim risponde con un nuovo test atomico all'approvazione della risoluzione Onu che potrebbe produrre nuove sanzioni contro il suo regime

Per rispondere alla risoluzione delle Nazioni Unite che ha chiesto ieri al Consiglio di Sicurezza di deferire la Corea del Nord alla Corte Penale Internazionale per gli abusi sui diritti umani, Kim Jong-un ha minacciato di effettuare un nuovo test nucleare. Le immagini satellitari hanno mostrato come i tecnici di Pyongyang stiano cercando di riavviare un impianto di ritrattamento destinato all'estrazione di plutonio militare nel complesso nucleare di Yongbyon. L'ultimo test sotterraneo, effettuato dal regime il 12 febbraio 2013, provocò secondo i sismografi americani, un terremoto di magnitudo 4.9 presso la città Kilju County. Sono tre (2006, 2009 e 2013) i test nordcoreani effettuati dal regime comunista negli ultimi sette anni, tutti avvenuti in concomitanza di gravi tensioni internazionali, specie con la Corea del sud, Paese che rientra sotto la sfera di influenza americana.

Il veto di Cina e Russia
Secondo il ministero degli Esteri di Kim le accuse della comunità internazionale «si basano su testimonianze fabbricate a tavolino  da esuli della Corea del Nord addestrati a fare quello che dice Washington». Sarebbero dunque «una rovocazione degli Stati Uniti». Nonostante il clamore politico, è improbabile che la risoluzione Onu produca comunque qualche frutto, a causa del possibile veto di Cina e Russia, storici partner, per altro sempre più riluttanti, del regime nordcoreano, nonché Paesi che hanno un seggio permanente all'interno del Consiglio di Sicurezza. Più volte, però, lo stesso presidente cinese Xi Jinping ha mostrato il proprio malcontento per le provocatorie azioni di Kim, mentre Vladimir Putin ha preferito la linea del silenzio. Al momento, il numero due del regime nordcoreano Choe Ryong Hae - segretario del Partito dei lavoratori - è in Russia, dove è prevista una fitta agenda di colloqui, tra cui quello con lo stesso presidente russo.

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