Piano e Failla, chi erano gli ostaggi italiani morti in Libia
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Piano e Failla, chi erano gli ostaggi italiani morti in Libia

I due dipendenti della società di costruzioni Bonatti avevano le famiglia in Sardegna e Sicilia. Lavoravano all'estero da molti anni

Fausto Piano, Salvatore Failla, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno sono stati rapiti, nel caos della Libia post Gheddafi, il 20 luglio scorso nella zona di Mellitah, a 60 km di Tripoli. Lavoravano tutti per la Bonatti, un'azienda di Parma impiegata nella costruzione di impianti petroliferi per conto di Eni. Pollicardo e Calcagno sono stati liberati, mentre Piano e Failla sono stati uccisi a Sabrata. Secondo una prima ricostruzione degli avvenimenti, quest'ultimi erano stati separati da Pollicardo e Calcagno. La loro morte sarebbe avvenuta durante un trasferimento su un convoglio attaccato dalle forze di sicurezza libiche. Altri testimoni sostengono che siano stati usati come scudi umani dai jihadisti dell'Isis.

"Una gran persona"

Fausto Piano abitava a Capoterra, alle porte di Cagliari, e da anni 15 faceva su e giù dalla Libia dove lavorava come supervisor per la Bonatti. L'ultima rimpatriata in Sardegna risale a pochi giorni prima del suo rapimento.  Oltre mille persone avevano sfilato il 31 luglio per le strade del paese in una fiaccolata notturna partita da piazza della Chiesa e arrivata poi davanti all'abitazione della famiglia Piano in via Carbonia. Il sindaco ora parla a nome di tutti. "Una grande persona, un gran lavoratore - dice di Fausto Francesco Dessì - tutta la comunità è vicina alla famiglia". Dolore ma anche rabbia. "Chi l'ha ucciso - dicono in paese - è gentaglia".

"L'uomo con la valigia"

Salvatore Failla era originiario di Carlentini (Siracusa), aveva 47 anni era sposato e aveva due figlie, di 14 e 22 anni. Lavorava da tre anni in Libia, come saldatore specializzato, per la società di costruzioni Bonatti. Prima aveva trascolrso diversi periodi in Tunisia, sempre per lavoro. "L'uomo con la valigia", lo definiscono i suoi vicini di casa, proprio perché non si fermava mai troppo a lungo a casa.


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