Il caso dei due cristiani arsi vivi in Pakistan
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Il caso dei due cristiani arsi vivi in Pakistan

Ci sono due ipotesi: vendetta del datore di lavoro per debiti non pagati o odio etnico e religioso


Bruciati vivi dopo essere stati accusati di avere dato fuoco ad alcune pagine del Corano. Una giovane coppia di cristiani proveniente da un villaggio pachistano a sud di Lahore, a pochi chilometri dal confine con l’India, è stata prima rinchiusa con i loro bambini da una folla inferocita all’interno di una fabbrica per più di due giorni e poi gettata in una fornace utilizzata per cuocere i mattoni.

I tre figli della coppia sono stati risparmiati dalla folla, ma la donna era probabilmente incinta del quarto figlio. Non è chiaro come si siano svolti gli eventi, ma la stampa indiana riporta la testimonianza del cugino di una delle due vittime, che racconta come il crimine potrebbe avere avuto origine da una disputa tra i due cristiani e il proprietario della fabbrica di mattoni in cui lavoravano e dove sono stati uccisi. Sembra che Shahzad (26 anni) e sua moglie Shama (24 anni) avessero, infatti, chiesto di ricevere alcuni pagamenti arretrati e che questo abbia provocato una dura reazione del loro datore di lavoro.


Il crimine potrebbe avere avuto origine da una disputa tra i due cristiani e il proprietario della fabbrica di mattoni in cui lavoravano e dove sono stati uccisi

La stampa pachistana spiega invece che nei giorni scorsi si sarebbe diffusa la voce che questa donna avesse bruciato alcune pagine scritte in caratteri arabi, che uno dei colleghi avrebbe indentificato come versetti del Corano. Sembra però che i fogli fossero del padre della donna e che Shama volesse semplicemente disfarsene. L’accusa di blasfemia si sarebbe diffusa in diverse moschee della zona, provocando una mobilitazione di centinaia di persone. Secondo il cugino di Shahzad a diffusione di questa notizia sarebbe invece da attribuire al proprietario della fabbrica e potrebbe essere stata la conseguenza della discussione con i due giovani cristiani.

Il reato di blasfemia in Pakistan può essere punito in alcuni casi con la condanna a morte. Diverse organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato il fatto che questa accusa può essere usata per vendicarsi dei cristiani, anche nei casi di diverbi personali o comunque di questioni non legate alla religione. La legge si presta, infatti, a diverse interpretazioni e può essere facilmente utilizzata anche come atto di accusa per ottenere una vittoria in questioni di carattere esclusivamente economico.

La polizia della regione pachistana del Punjab sta interrogando 35 persone per accertare meglio la dinamica di quanto accaduto e arrestare i responsabili di questo crimine. L’avvocato pachistano Sardar Mushtaq Gill ha detto all’agenzia di stampa vaticana ‘Fides’ di ritenere che “questo episodio dimostra come sia aumentata l’insicurezza tra i cristiani” e ha chiesto “al mondo intero di condannare fermamente quanto accaduto”.

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Matteo Colombo

Vive tra Ankara e Il Cairo per studiare arabo e turco. Collabora con  diversi siti di politica internazionale. Le sue grandi passioni sono  l’Egitto, la Siria e la Turchia

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