I 500mila spaghetti di Bruno Serato
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I 500mila spaghetti di Bruno Serato

La mia giornata a sevire pasta ai bambini bisognosi a fianco dello chef che da anni regala pranzi ai bisognosi

In certi momenti della vita, ci si trova a cercare una fonte d’ispirazione. Qualcosa che ci fa sentire “migliori” di com’eravamo il giorno precedente.
Una ragione per non abbassare lo sguardo o voltare la testa.

Personalmente diverse volte ho “invidiato” la forza di chi ha lasciato vite agevoli per affrontare sfide difficili, spinto solo dalla consapevolezza del poter fare meglio. A volte queste “sfide” arrivano servite su un piatto. Il piatto di cui vorrei raccontare, è pieno di pasta. Spaghetti, ravioli, rigatoni. Pasta. E a servire questo piatto a Bruno Serato, quasi fosse d’argento, fu sua madre Caterina. Un giorno, di fronte ai volti di una trentina di bambini affamati chiese semplicemente, al figlio ristoratore: “Bruno ma perché non gli prepari tu gli spaghetti”? Da quel giorno sono passati quasi otto anni e Bruno di piatti di pasta ne ha serviti tanti. Mezzo milione, per la precisione. E Bruno è diventato, in America, un vero e proprio eroe nazionale. In previsione e per “festeggiare” questo importante traguardo aveva inviato una mail chiedendo “aiuto” per un pomeriggio. Obiettivo: organizzare un pranzo nel suo ristorante e invitare trecento “motel kids”. Nella mail cercava volontari per servire a tavola.  Ho immediatamente accettato.

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Eccomi così, in una giornata stranamente fredda per il Sud California, diretta verso Anaheim, cuore della Orange County. Circa un’ora a mezza di autostrada (a 5 corsie per direzione), da Los Angeles. Uscendo dalla freeway, per arrivare all’Anaheim White House (nome evocativo del ristorante), si costeggia Disneyland il sogno di ogni bambino, simbolo universale di spensieratezza. Accanto al parco aperto nel 1955, erano stati fabbricati, negli anni a seguire, numerosi motel. Dovevano ospitare, fornendo ottima accoglienza a buon prezzo, le famiglie in vacanza a Disneyland. Ma con l’arrivo di alberghi più prestigiosi, i motel si erano trasformati in simbolo del degrado. Oggi ospitano prostitute, drogati, sbandati e famiglie che vi alloggiano non per vacanza ma per disperazione. Immigrati illegali o vittime della crisi economica. Arrivano con bambini piccoli che si devono accontentare di scale anti incendio per giocare e parcheggi in cemento per correre. In una stanza, spesso vivono cinque, sei persone. Non esiste la cucina. A volte il bagno è condiviso. Ma questi motel rappresentano l’ultima fermata prima della strada. Un tetto, se non altro, sopra piccole teste che crescono guardando da lontano i loro coetanei più fortunati.
Bruno Serato mi aveva precedentemente spiegato il motivo per il quale un motel, pur se costoso (anche duemila dollari al mese), è più avvicinabile economicamente, da queste famiglie. La ragione è che non richiede  caparra o cauzione e può essere lasciato senza alcun preavviso.
Così, mentre i genitori lavorano, i bambini trascorrono i pomeriggi, al Boys and Girls Club, uno dei cinquemila centri di solidarietà per minori aperti in America. Qui, Bruno e sua madre li avevano incontrati per la prima volta e avevano scoperto che, proprio perché nei motel non c’è cucina, spesso questi ragazzi mangiavano solo il pranzo scolastico, disponibile cinque giorni a settimana e solo a scuola aperta. Bruno non solo aveva iniziato a portar loro ogni pomeriggio la pasta ma anche a fare in modo che, tramite donazioni, il Club restasse aperto sette giorni a settimana.
Il ristorante Anaheim White House, rilevato da Serato nel 1987 è fedele alle promesse anticipate dal nome. Un edificio candido che ricorda vagamente la Casa Bianca con stanze dedicate, bipartisan, ai vari Presidenti americani. Nella giornata del “piatto di pasta numero 500 mila”, sono tutte a disposizione dei trecento bambini che arriveranno a cena. Sul menù stasera niente spaghetti ma filet mignon accompagnato da purè e broccoli e per dessert bignè, fragole coperte di cioccolato e budino.
Alla e-mail di Serato hanno risposto davvero in tanti. Ci sono il capo della polizia e quello dei vigili del fuoco, Bobby Ryan e Teemu Selanne giocatori di hockey della squadra dei Duck, l’attrice premio Oscar Mira Sorvino, l’ex miss Italia Denny Mendez ma soprattutto una ventina di persone…normali. Impazienti con il tovagliolo sul braccio. In fondo oggi siamo tutti camerieri.
I bambini arrivano sugli scuolabus gialli. Disciplinati, in fila, entrano nel ristorante. Hanno i colori del mondo, l’entusiasmo dell’infanzia, la curiosità della pubertà, ma negli occhi la saggezza che deriva dal sapere che la vita a volte è dura. E questo ti stringe il cuore.
Si siedono composti, ascoltano i discorsi di adulti che cercano di ricordare loro quanto sia importante studiare, sperare, crederci. Di come possano essere i fautori del loro destino e del loro futuro. Di come un giorno possano diventare dottori, giocatori di hockey o di basket, attrici o cantanti, poliziotti e vigili del fuoco…
Ma oggi sono solo bambini che, lo stesso destino ha fatto nascere meno fortunati. Mentre porto i piatti in tavola e taglio un pezzo di carne ad un paio dei più piccoli, li osservo, li ascolto.  Parlano di come preferirebbero mangiare pasta o di come non vogliano i broccoli. C’è chi pulisce il piatto e chi invece chiede di portare a casa gli avanzi. Chi ride e chi osserva. Poi arriva Bruno prende il microfono e fa un annuncio. “Abbiamo due ospiti speciali che sono venuti qui appositamente per conoscervi”. Entrano Topolino e Minnie e il ristorante esplode di grida e risate. Gioia pura che ti riempie il cuore.
Mentre lascio la White House e si fa buio, le luci di Disneyland si accendono, ma almeno stasera anche i motel kids di Anaheim hanno sognato.

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Valentina Martelli