Caso Yara: non sempre il Dna è una prova
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Caso Yara: non sempre il Dna è una prova

Ecco quattro casi nei quali il Dna non è stato determinante ad individuare l'assassino: tutto sul caso Yara

Dal caso Parolisi a quello di Meredith, da quello dell’Olgiata a Yara Gambirasio. Esiste un “filo rosso” che unisce questi grandi e controversi casi giudiziari: il Dna. Contestato, osannato, prova, indizio; talvolta affidabile e talvolta criticato ma sempre presente sui luoghi del delitto e importante per ricostruire la verità. Ma non sempre fondamentale per individuare il colpevole.

Insomma, la cronaca giudiziaria recente e quella del passato ci insegnano che la presenza del Dna, sul luogo di un delitto, può portare a risultati diversi. E soprattutto ci insegna a non individuare, con certezza assoluta e in "anticipo" l'assassino nonostante la presenza sul luogo del delitto del suo Dna.

Avvocato Nicodemo Gentile,lei ha seguito molti dei più importati casi giudiziari che hanno appassionato l’opinione pubblica. Il Dna, però, non sempre stato determinante a ricollegare l’assassino alla vittima. Quando, invece, è diventato prova “schiacciante”?
Il caso dell’Olgiata è l’esempio più eclatante. Dopo 20 anni, il Dna ritrovato sul lenzuolo e sul Rolex della vittima hanno inchiodato il filippino, l’ex cameriere della famiglia Mattei, al luogo del delitto e alla sua vittima. In quel caso il Dna dell’assassino ritrovato in camera da letto è diventato prova inconfutabile, precisa e determinante della sua presenza in quella stanza e nel momento riconducibile strettamente all’omicidio.  Non c’erano altre prove della presenza del filippino nella stanza della contessa, salvo quelle tracce di dna, analizzate purtroppo solo a venti anni di distanza. In questo caso giudiziario il Dna in mano all’accusa, è stato fondamentale, assurgendo a prova regina, alla condanna del filippino.

Ma il dna, può presentare anche criticità ovvero può anche non essere così fondamentale per individuare l’assassino..
Certo. E’ il caso, ad esempio, dell’omicidio di Meredith Kercher, nel delitto di Perugia. Le tracce biologiche di Raffaele Sollecito ritrovate sul gancetto del reggiseno della studentessa inglese non sono state fondamentali per la sua incriminazione. Non a caso in Corte d’Appello, Sollecito fu assolto.. Queste tracce non sono state fondamentali per ricollegarlo alla vittima e al luogo del delitto.

Quando il Dna può essere messo in discussione?
In due casi: quando non viene repertato correttamente e quando si trova sul luogo del delitto in quantità veramente esigue tali da non permettere amplificazioni, ripetizione dell’esame o di nuovi accertamenti genetici. Nel caso del delitto di Perugia, il gancetto del reggiseno è stato repertato dopo 40 giorni e in questo periodo, considerando anche la quantità minima di Dna presente, potrebbe aver subito delle contaminazioni. Quindi, questo caso è l’esempio lampante di come il dna possa non essere determinate ai fini dell’accertamento dell'assassino ed anzi possa essere oggetto di forti contraddizioni, critiche e dibattimenti in sede processuale.

Nel caso di Melania Rea, la presenza del Dna ha assunto un ruolo “processuale” ancora diverso rispetto agli altri…
Sì. Il Dna di Salvatore Parolisi era presente nella bocca della moglie ed era l’unico elemento che poteva ricollegare l’uomo al luogo del delitto. Ma il caso Rea è diverso rispetto a quello dell’Olgiata. In entrambi casi il dna era presente in modo chiaro e in un quantitativo sufficiente da non poter essere messo in discussione, su entrambe le vittime. Ma mentre sul caso dell’Olgiata il dna diventata prova con la P maiuscola e ricollegava un soggetto estraneo sul luogo del delitto e alla sua vittima, nel caso di Melania, Parolisi era rimasto con sua moglie fino a pochi ore prima. Quindi il Dna presente sul corpo di Melania ha un valore meno determinate rispetto a quello del filippino sul lenzuolo e sull’orologio della contessa, in quanto tra Melania e il marito esisteva un legame tale che poteva giustificare quella presenza di dna sul corpo della donna. Nel caso dell’Olgiata non vi era nessun legame che poteva unire vittima all’assassino.

Caso Yara. In molti hanno già puntato il dito contro Bossetti indicandolo come l’assassino della ragazzina..
Niente di più sbagliato. Prima di indicare Bossetti come l’assassino occorre avere la certezza che il Dna sia stato repertato correttamente e che la quantità ritrovata sugli indumenti di Yara sia sufficiente alla ripetizione e amplificazione degli accertamenti. Insomma che non presenti criticità. Se il Dna  dovesse presentare criticità come nel caso del delitto di Perugia, per l’accusa sarà un percorso difficile dimostrare la sua colpevolezza, come nel caso del delitto di Meredith.  Infatti tutto si giocherà sulla giustificazione che Bossetti fornirà sulla presenza del suo dna sugli indumenti… Bossetti potrebbe persino dire che gli sono stati rubati un paio odi guanti e il suo dna potrebbe essere finito in quel luogo in modo a lui non conosciuto e per mano di persone a lui ignote.. Diverso invece, se il Dna non presenta criticità. In quel caso, se la traccia biologica è stata repertata correttamente ed è in quantità sufficienti per la ripetizione dell’esame, il caso di Yara potrebbe avvicinarsi a quello dell’Olgiata, ovvero potrebbe ricollegare in modo diretto l’assassino alla sua vittima.

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Nadia Francalacci