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Università: c'è corruzione nei concorsi per l'abilitazione all'insegnamento

Con questa accusa sette professori sono stati arrestati e 22 interdetti. Tutti i dettagli dell'indagine della Procura di Firenze

La meritocrazia? In Italia, in generale, è un vocabolo “poco conosciuto” ma in alcuni ambienti universitari, secondo quanto è stato accertato dalla Procura di Firenze, è stato addirittura “cancellato”.

Ventinove professori, molti dei quali di diritto tributario con cattedra presso diversi atenei italiani e con incarichi di pubblici ufficiali in quanto componenti di Commissioni nazionali nominate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, invece di valutare i candidati per meriti curriculari avrebbero assegnato l’Abilitazione Scientifica Nazionale all’insegnamento di Diritto tributario, secondo logiche di spartizione territoriale e in base a reciproci scambi di favori personali, professionali e persino associativi.  

Manette e interdizione all'insegnamento 

Con l’accusa di corruzione, infatti, questa mattina la Guardia di Finanza del Nucleo di Polizia Tributaria del Comando Provinciale di Firenze, ha arrestato 7 professori universitari e ha fatto scattare l’interdizione allo svolgimento delle funzioni di professore universitario e di quelle connesse ad ogni altro incarico assegnato in ambito accademico, per la durata di 12 mesi, per altri 22 docenti. Altri 30 insegnanti, invece, sono attualmente indagati per aver usufruito e beneficiato delle 'agevolazioni' durante i concorsi pubblici. 

I 59 soggetti coinvolti a vario titolo dall'operazione della Finanza, risultano avere la cattedra o ruoli specifici in ambito accademico, in numerose e prestigiose università italiane. Quelle interessate dai provvedimenti restrittivi sono l'Università di Firenze (facoltà di Giurisprudenza), l'Università di Pisa, Siena, Cassino, Foggia e la Federico II di Napoli

Le pressioni sui candidati al concorso

A far scattare le indagini della Finanza sono state le “pressioni” subite da un ricercatore fiorentino “eliminato” perché "troppo bravo" e quindi "pericoloso".

Alcuni professori universitari, oggi agli arresti domiciliari, avrebbero indotto il ricercatore universitario, candidato al concorso per l’abilitazione all’insegnamento del Diritto tributario, a “ritirare” la propria domanda per favorire un terzo soggetto in possesso di un profilo curriculare notevolmente inferiore, e gli avrebbero promesso che si sarebbero adoperati con la competente Commissione giudicatrice per la sua abilitazione in una successiva tornata. 

Ma la successiva “tornata”, per i docenti e commissari in questione, si svolgerà in carcere o quanto meno nelle aule del Tribunale di Firenze.

Un giro di favori e incarichi

Gli approfondimenti investigativi, durati alcuni mesi, hanno consentito ai finanzieri di ricostruire tra i vari docenti di diritto tributario finiti in manette sistematici accordi corruttivi, scambi di favori ed incarichi sia in ambito accademico che nell’esercizio privato della professione.

“Non abbiamo riscontrato nel corso dell’inchiesta passaggi di denaro ma solo uno scambio di “favori” relativamente ai candidati che ciascun professore “promuoveva” - spiega a Panorama.it, il colonnello Adriano D’Elia, comandante del Nucleo di Polizia Tributaria di Firenze- ovvero si suddividevano i soggetti da abilitare in quella sessione d’esame oppure in quella successiva”.

“Abbiamo esaminato i bandi di concorso per l’abilitazione relativi agli anni 2012-13 e 2016 e sono stati individuati i soggetti, attualmente indagati, che hanno beneficiato degli accordi - prosegue il colonnello della Finanza - accordi che “davano la precedenza” ai docenti che risultavano essere iscritti ad una associazione italiana specifica per docenti di diritto tributario”.

Una sorta di “lobby” che avrebbe sponsorizzato chi apparteneva alla solita associazione e poteva contraccambiare il “favore”. Ma quali saranno, invece, i provvedimenti nei confronti di chi ha conseguito l’abilitazione attraverso l'eventuale "corsia preferenziale"?

“Dipenderà dai provvedimenti disciplinari e amministrativi delle singole università - conclude il colonnello D’Elia - le quali sono risultate totalmente ignare alle attività corruttive messe in atto dai loro docenti. Saranno loro, assieme al Ministero, a stabilire se revocare o meno l’abilitazione all’insegnamento ai soggetti indagati”.

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Nadia Francalacci