Terroristi islamici in carcere, un pericolo per l'Italia?
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Terroristi islamici in carcere, un pericolo per l'Italia?

I luoghi di detenzione possono essere ad alto rischio di radicalizzazione. Intanto dalle celle dei detenuti potrebbe diffondersi la propaganda jihadista

Google, Facebook, Twitter, Microsoft contro la radicalizzazione online e il diffondersi della propaganda jihadista. I colossi di Internet hanno dato la disponibilità, durante un incontro avvenuto a Bruxelles, a collaborare ciascuno con le proprie expertise per combattere il terrorismo. “Internet è un veicolo molto importante della chiamata che Isis fa ai suoi potenziali sostenitori ed è un potenziale veicolo della radicalizzazione”, ha ricordato, al suo ingresso al consiglio dell’Unione Europea, anche il ministro dell'Interno Angelino.

Ma non è solo il web a istruire, preparare e ad impartire ordini agli jihadisti. Talvolta, alcuni “messaggi” possono essere inviati dai terroristi detenuti nelle carceri a simpatizzanti che si trovano, anche solo di passaggio, sul nostro territorio. “In Italia, al momento, non sono detenuti terroristi che ricoprono ruoli di leadership all’interno delle organizzazioni terroristiche internazionali”, tranquillizza un esperto.

Ma il regime di controllo del flusso delle informazioni dai detenuti verso l’esterno non è certamente quello adottato negli Stati Uniti dove la sorveglianza di questi soggetti è ai livelli massimi ed impossibile comunicare esternamente. E sempre il carcere, assieme al web, è considerato un altro luogo a rischio radicalizzazione.

Gianluca Anzalone, esperto di terrorismo internazionale e docente Sioi, Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale, esiste il rischio che i terroristi arrestati sul nostro territorio e attualmente detenuti nelle carceri italiane, continuino a comunicare con l’esterno?
Innanzitutto è necessario capire quale tipologia di “leader” sono presenti nelle strutture carcerarie italiane per stabilire una potenziale pericolosità nelle eventuali comunicazioni con l’esterno. Attualmente, che io sappia, nelle carceri italiane non vi sono detenuti soggetti che ricoprono o hanno ricoperto ruoli di spicco nelle organizzazioni terroristiche, quindi, la pericolosità o l’importanza di eventuali messaggi comunicati a ll’esterno potrebbe essere quasi nulla. Certo è che il sistema di controllo e sicurezza delle carceri italiane non è certamente quello adottato, ad esempio, negli Stati Uniti dove sono detenuti molti dei leader terroristi e di conseguenza esiste un livello massimo di controllo che impedisce una qualsiasi comunicazione con l’esterno.

Radicalizzazione all’interno delle carceri. Questo è un altro aspetto che deve essere monitorato costantemente…
La radicalizzazione all’interno delle strutture carcerarie è oggetto da anni di un programma di intervento voluto dalle Nazioni Unite proprio per la sua pericolosità. Purtroppo il costante contatto tra la varietà della popolazione carceraria rende particolarmente difficile il monitoraggio delle conversazioni e quindi di una eventuale propaganda di concetti estremisti. Dobbiamo precisare, però, che oggi con l’Isis la propaganda è più rivolta verso l’esterno che non all’interno del carcere come invece è avvenuto con Al Qaeda. Premesso ciò, la radicalizzazione in carcere non è da sottovalutare. Proprio come quella che può avvenire nelle moschee.


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Nadia Francalacci