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Terremoto Molise: "La terra trema, come quel giorno in cui persi mia figlia"

Continua lo sciame sismico e tocca anche San Giuliano di Puglia, dove nel 2002 morirono 27 bambini. Un papà rivive quei momenti

Più di cinquanta scosse registrate negli ultimi giorni in Molise. Le hanno sentite anche a San Giuliano di Puglia. Sì proprio lì dove il terrore e la morte diventarono l'incubo della popolazione in quel mai rimosso 31 ottobre 2002. San Giuliano di Puglia, 27 bambini e la loro maestra rimasti sepolti nelle macerie della scuola crollata per il terremoto.

Antonio Morelli ha perso la figlia di 7 anni. Il numero di telefono è sempre lo stesso.

Pronto?

Ciao Antonio.
Carmelo! Quanto tempo è passato.

Dove vivi adesso?
Sempre a San Giuliano di Puglia.

Il vecchio paese?
È stato ricostruito, tutto. Le nuove case sono a norma, abbiamo la scuola più sicura al mondo, la palestra, la piscina.

Fa piacere.
San Giuliano oggi è una bomboniera.

Che sta succedendo?
La terra balla.

E la gente?
Il panico, lo leggo nei loro occhi.

E tu? Riesci a dormire la notte?
Certo. Dopo quello che mi è successo, cosa mi può capitare di più grave?

Non hai paura?
Di cosa? Mi crolla la casa addosso? E chissenefrega!

Quella data, la ricordi o l'hai rimossa?
31 ottobre 2002, alle 11,32.

Dov'eri?
Al mercato, facevo l'ambulante, vendevo abbigliamento.

A San Giuliano?
No, quel giorno stavo in un paese vicino, a una decina di chilometri.

E hai sentito il terremoto.
Ho messo subito la roba dentro il furgone, ho caricato tutto in fretta e furia, qualcosa mi diceva che era successo qualcosa.

E ti sei diretto verso casa?
Prima ho telefonato a mia moglie, lei era in casa e mi ha detto che era tutto a posto. Ma mentre mi avvicinavo guardavo il lato sud e vedevo un polverone. Avevo una brutta sensazione.

Quale sensazione?
Quella mattina ero partito alle 7 meno un quarto, e mia figlia era fuori di casa che mi salutava.

E...
E quella scena mi provocava un brutto presentimento.

Perché?
Perché non l’aveva mai fatto, e quella mattina faceva molto freddo.

Quanti anni aveva?
Sei anni, faceva la prima elementare.

Come si chiamava?
Morena.

L'ultima immagine di tua figlia è quella?
No. Ho avuto la fortuna e la sfortuna di ritrovarla.

Sento che stai piangendo, mi dispiace.
Non preoccuparti.

Se non vuoi, mi fermo.
Ero sopra il cumulo delle macerie, si era fatta sera, si scavava a mani nude, c'erano i fari della forestale.

Ci speravi?
Sì, certo, speravo di ritrovarla viva.

L'hai trovata tu?
Ho visto delle scarpine, le stesse che avevamo comprato insieme la settimana prima a Campobasso.

Di che colore erano?
Bianche, con le strisce blu.

Che hai fatto?
Ho chiesto a mia moglie che stava sotto, a fianco alle macerie: che scarpe aveva la bambina questa mattina? Lei mi ha risposto: quelle nuove. E io ho perso la speranza.  

Che ti ricordi di quei momenti?
I forestali che cercano di allontanarmi.

E tu?
Io urlavo è mia figlia, lasciatemi, è mia figlia.

Sei rimasto lì?
Sì, e l'ho presa in braccio, aveva i capelli pieni di polvere e calcinacci, l’ho stretta.

Il tuo racconto tocca il cuore, Antonio.
La mia vita è finita in quel momento esatto.

Se non ricordo male avevi un'altra bambina.
Sì, più piccola. Si è salvata perché stava all'asilo.

Hai avuto altri figli in questi anni?
Sì, una bambina, nel 2005.

Come si chiama?
Indovina.

No, non me lo dire.
Morena.

Non puoi averlo fatto. Perché? Perché lo stesso nome?
Perché in questo piccolo paese non c’è una persona che si chiami Morena.

Non è questa la ragione, e lo sai bene.
Ho vissuto di ilusione, in tutti questi anni mi sono illuso che mia figlia non fosse mai morta.

Oggi pensi che sia stato giusto?
Sì, perché Morena è Morena.

Mamma mia!
Lei è sempre con me, io vivo per lei.

Che cosa hai fatto in questi 13 anni?
Ho venduto l'attività.

Ora che lavoro fai?
Non lavoro. 

Perché?
Ho seguito il processo, udienza per udienza, avvocati, tribunali, ho dedicato tutto alla ricerca della verità.

Come è finita?
In primo grado erano stati assolti tutti da un giudice monocratico di Larino. In secondo grado a Campobasso, la Corte d’Appello ha ribaltato la sentenza e ha condannato il tecnico comunale, l'ex sindaco, il progettista e i due costruttori. I giudici hanno stabilito un risarcimento come provvisionale di 150 mila euro ai genitori di ogni bambino rimasto sotto le macerie.

Li avete presi questi soldi?
Ci sono stati versati 50 mila euro, poi altri 10 mila, aspettiamo il resto.

E il processo civile?
La sentenza di primo grado ha stabilito che a ogni genitore è riconosciuta una somma di 400 mila euro, dalla quale va scomputata la somma stabilita in via provvisionale.

Tutto a posto dunque.
Per niente. Il comune di San Giuliano è stato condannato in solido a pagare i danni alle famiglie. Ora i condannati non hanno soldi e il comune si ritrova con un debito di circa 30 milioni di euro.

Che immagino non abbia in cassa.
Come fa un comune di mille abitanti a pagare questa cifra?

Come fa?
Dovrà vendere i beni, la palestra, la piscina, il villaggio temporaneo. E chi se li compra?

E lo stato?
Se ne sta lavando le mani. I nostri figli sono morti in una scuola pubblica, dell’obbligo, quindi lo stato ne deve rispondere. Mi è stato insegnato che il comune rappresenta lo stato in periferia. Ricordi quei giorni? I rappresentanti delle istituzioni erano tutti a San Giuliano, dicevano i bambini sono figli nostri, non lasceremo mai soli i genitori.

Parole al vento?
In altri contesti lo stato è intervenuto, con il decreto salva Roma, per esempio, dove noi cittadini ci siamo accollati i debiti fatti dai politici. Stesso discorso a Catania, Palermo. In altre tragedie come Viareggio lo stato ha risarcito le vittime e non c’è ancora la sentenza di primo grado.

È stata colpa del terremoto o dell'uomo?
Dell'uomo, sappiamo benissimo che l'Italia è un paese sismico, ma ce ne ricordiamo soltanto quando la terra trema.

Ti saluto, non so cosa augurarti.
Il giorno più felice della mia vita sarà quando potrò ribbracciarla.

Mi spiace averti fatto rivivere momenti tristi.
Non preoccuparti, io vado avanti per inerzia, non me ne frega più nulla della mia vita, voglio soltanto riabbracciare lei.

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Carmelo Abbate