Deriso perché gay: si suicida
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Deriso perché gay: si suicida

L'assessore alla Scuola: "Insegnanti e genitori imparino a insegnare che l'omosessualità è un fatto normale"

A scuola lo prendevano in giro perché gay. Alla fine Roberto non ce l'ha fatta più e, a soli 14 anni, si è buttato nel vuoto dal balcone di casa sua nel quartiere romano di San Basilio. Come lui, Andrea, 15 anni, che si è strangolato con una sciarpa perché su Facebook e a scuola lo chiamavano "frocio"; e ancora Claudio, 22 anni, che si è gettato sui binari della metro; un altro 16enne, che a maggio scorso è saltato dalla finestra al terzo piano della sua scuola e si è salvato per miracolo grazie a un'auto che ha attutito l'impatto; Pietro, rappresentante d'istituto al licelo classico Tacito che non si è tolto la vita, anzi, ma che qualche idiota ha cercato di intimorire facendogli ritrovare sul muro davanti a scuola la scritta a caratteri cubitali "frocio dimettiti.

"Quando ho saputo quello che era successo a Roberto, ho provato uno sconforto totale. Poi mi sono arrabbiata. Non è possibile continuare a parlare di omosessualità semplicemente in termini di accettazione. E' un fatto normale e come tale deve essere riconosciuto soprattutto nelle scuole, a partire da quelle materne".

Tra le varie deleghe ricoperte nella nuova giunta capitolina, le più importanti e delicate che il sindaco Ignazio Marino ha assegnato ad Alessandra Cattoi ci sono quelle alla Scuola e alle Politiche giovanili. E quando succede quello che è successo giovedì scorso, il fatto non può non riguardarla, non solo come amministratrice, ma anche, e forse soprattutto, come mamma di due bambini.

Non è la prima volta che Roma deve fare i conti con fenomeni di intolleranza e con reazioni disperate come questa. Nella Capitale d'Italia non sempre omosessuali e transessuali possono sentirsi al sicuro. Vittime, sempre più spesso, di aggressioni feroci e lesioni gravi. E quando non sono le botte a ferire, ci pensano gli insulti e le prese in giro a scavare dentro, soprattutto nei più giovani, un abisso di solitudine e tristezza in cui finiscono per trovare spazio i pensieri più neri.

Assessore Cattoi, come si è sentita quando l'hanno informata del suicidio di Roberto?

Inizialmente ho provato un forte sconforto e ho pensato al dramma che sta vivendo quella famiglia, poi mi sono arrabbiata perché penso che oggi non sia più accettabile che qualcuno, un ragazzino soprattutto, si ritrovi così solo, così abbandonato al punto da fare una cosa del genere. Gli strumenti per evitarlo ci sono, usiamoli!

A quali strumenti si riferisce e quali interventi può mettere in campo il Comune?

Intanto bisogna smetterla di considerare l'omosessualità un'anomalia da accettare passivamente. Ci sono tante associazioni, come il Gay Center, che lavorano in questo senso sul territorio e nelle scuole. Come amministrazione vogliamo mettere in campo progetti che, a partire dalle classi inferiori, aiutino dirigenti e insegnanti a intervenire adeguatamente di fronte a manifestazioni di intolleranza che spesso vengono ancora confuse con episodi di bullismo. Poi sicuramente bisogna pensare a sportelli di ascolto e alla presenza di psicologi con cui i ragazzi possano sfogarsi e confidarsi. 

Ma chi sono i colpevoli quando un ragazzino di 14 anni si suicida perché a scuola lo prendono in giro per la sua omosessualità?

Attribuire delle colpe è sempre difficile in questi casi. Di certo c'è una mancanza di attenzione, una sottovalutazione di certi comportamenti, una tendenza a soprassedere. Capita che gli insegnanti non stigmatizzino abbastanza alcune espressioni usate come un'offesa. Spesso, ormai, i bimbi dell'asilo usano la parola "gay" contro qualche compagnetto per dire "scemo". Per questo sono necessari corsi di formazione - per esempio sulle differenze di genere - non solo per i professori delle medie e dei licei, ma anche per gli educatori delle scuole dell'infanzia e primarie. Ricordo il caso di una bambina con due mamme che non volevano assolutamente che nella scuola della figlia fosse festeggiata la festa del papà. Grazie alla preparazione e all'intelligenza delle maestre, che optarono per la festa dei genitori, la questione si risolse positivamente, ma quante volte gli insegnanti si trovano in imbarazzo di fronte ad alunni figli di coppie omosessuali?

Lei, da mamma, come spiegherebbe ai suoi figli cosa significa essere "gay"?

Con le parole della verità. Certo, può essere un pò più difficile rispondergli quando ti chiedono come fanno due uomini o due donne ad avere bambini, ma, in realtà, i piccoli si fanno molti meno problemi degli adulti. Ormai sono continuamente esposti alla cosiddetta "diversità", tanto che per loro è assolutamente normale convivere, andare a scuola, con bambini che parlano una lingua diversa o hanno la pelle di un altro colore. Se anche i loro genitori cominciassero a non stupirsi dell'omosessualità, nemmeno loro la percepirebbero come un fatto strano.

A livello nazionale, ormai da tempo, si discute di una legge anti-omofobia. Crede che sarebbe utile?

Io sono stata in Parlamento tanti anni e ogni volta che sembrava fosse arrivato il momento giusto per approvarla, 24 ore prima si finiva per rimandarne la discussione. Credo, invece, che una legge del genere sia dovuta e urgente non tanto per l'aspetto punitivo, quanto per l'effetto che l'introduzione di un reato specifico avrebbe sulla mentalità delle persone che finalmente comincerebbero a percepire l'omofobia come un fatto molto grave.

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Claudia Daconto