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SOS Donna: aumentano le richieste ai centri antiviolenza

Cresce il numero delle giovani musulmane (35%), soprattutto tunisine e marocchine, maltrattate a causa del loro desiderio di vivere all'occidentale

“Rispetto a sei anni fa l’accesso ai Centri antiviolenza da parte delle donne straniere è aumentato, passando dal 28% al 35%”.
A rivolgersi con maggiore frequenza ai Centri e a denunciare i maltrattamenti subiti all’interno delle mura domestiche sono le donne di origine magrebina, in particolar modo le tunisine e marocchine.

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“Le violenze iniziano con l’adolescenza, attorno ai 13 o 14 anni, età che coincide con l’inizio della conoscenza dell’altro sesso, con i primi accenni di indipendenza e scoperta del mondo - spiega a Panorama.it,Antonella Oriani, Presidente dell’associazione Sos Donna-Fenice - ma al tempo stesso, per le ragazzine i origini magrebine, con l’imposizione del velo, delle usanze dei Paesi dei genitori e spesso con i matrimoni combinati”.

Un’età indubbiamente difficile per tutte le ragazze ma ancor di più per quelle adolescenti che vogliono integrarsi nella società occidentale e vengono ostacolate dalle famiglie.

L'importanza della scuola
“I primi disagi, così come le prime violenze psicologiche e fisiche emergono già alle scuole medie e nelle prime classi delle superiori- prosegue la presidente Oriani – durante gli incontri che organizziamo all’interno degli istituti scolatici. Le ragazze magrebine di seconda generazione sono più consapevoli dei loro diritti e questo, se pur con fatica, fa emergere la violenza sommersa alle quali sono soggette quotidianamente”.

Maggiore consapevolezza dei diritti
Secondo il Centro Sos Donna Fenice, il numero crescente di denunce registrate presso i centri antiviolenza dislocati su tutto il territorio nazionale è dovuto anche ad una maggiore conoscenza dei diritti di cui le donne godono e questo permette l’emersione di un numero maggiore di casi di maltrattamento.

“La violenza è, da sempre, un fenomeno sommerso - continua Oriani – ma l’attività presso le scuole così come la rete, che negli ultimi anni si è creata tra i centri antiviolenza, i pronto soccorso e le forze dell’ordine, ha permesso un maggiore intervento a supporto di queste donne che hanno, incredibilmente tutte storie uguali”. Come dire: storie di violenza, maltrattamenti e di matrimoni combinati. 

La violenza nei matrimoni combinati
“Spesso vediamo arrivare donne giovanissime appena maggiorenni date in sposa a uomini di oltre venti anni più grandi di loro che vivono e lavorano in Italia ormai da decenni- prosegue Oriani- una volta arrivate nel nostro Paese, però, vengono costrette a vivere in situazioni di prostrazione fisica ed economica”. 

Non solo non possono integrarsi nella società, dovendo mantenere le usanze dei territori di origine, viene negato loro ogni possibilità di gestire il denaro e molte di loro, sono costrette a subire quotidianamente anche violenze fisiche.

Più centri, più denunce
“La presenza quasi capillare dei centri antiviolenza o di strutture di accoglienza per donne maltrattate- conclude la Presidente Oriani – non ha certamente ridotto il fenomeno ma ha sicuramente aumentato la consapevolezza dei diritti che ciascuna donna ha e degli strumenti di cui può usufruire per uscire da questa spirale di violenza”.

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Nadia Francalacci