I soldi di Vito Ciancimino tornano in Italia
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I soldi di Vito Ciancimino tornano in Italia

Quasi 4 milioni di euro dell’ex sindaco mafioso di Palermo erano in una banca di Ginevra. Ora sono a disposizione del ministero italiano della Giustizia

Per dieci anni 3,8 milioni di euro confiscati con sentenza definitiva a Massimo Ciancimino, figlio di don Vito, l'ex sindaco mafioso del “sacco di Palermo”, sono rimasti in un conto del Credit Lyonnais, prima a Lugano e poi a Ginevra.
In quel conto, secondo gli inquirenti italiani, sarebbero finiti circa 24 milioni di euro, tutti derivanti dagli affari illeciti mafiosi di Don Vito. Ma nel 2005 si trovarono solo 3,8 milioni di euro. Gli altri erano spariti.

Ora, finalmente, parte di quel tesoro mafioso torna in Italia. A dare la notizia è direttamente l’Ufficio federale di giustizia elvetico (Ufg), spiegando che Svizzera e Italia si sono ripartite in parti eque 12,3 milioni di euro di provenienza illecita, con tre confische: due emesse dal tribunale di Milano e una emessa dal tribunale palermitano a carico di Ciancimino jr.

Il denaro è stato sequestrato dal ministero pubblico della Confederazione, che ha sede centrale a Berna, in collaborazione con il ministero pubblico del Canton Ticino. Folco Galli, portavoce dell’Ufg svizzero, spiega a Panorama.it che lo sblocco dei sigilli nei confronti del figlio di Don Vito risale al 2005. Tutto parte dall’allora procuratore di Palermo Giuseppe Pignatone, che aveva indagato e ottenuto l’arresto di Massimo Ciancimino, accusandolo di riciclaggio di denaro e intestazione fittizia di beni a terzi.

In realtà, come dice Galli, “questi beni erano nella disponibilità di Vito Ciancimino, condannato con sentenza definitiva per associazione mafiosa, corruzione e sottoposto a misure di prevenzione sia personale che patrimoniale”. Il portavoce dell’Ugf elevetico chiarisce le tappe processuali a carico di Massimo Ciancimino: “Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palermo il 9 e il 25 luglio 2005 ordinava il sequestro preventivo di 3,8 milioni di euro in Svizzera, tenuti in una banca di Ginevra” e “ il 10 marzo 2007 il giudice per l’udienza preliminare palermitano condannava Massimo Ciancimino a 5 anni e 4 mesi di reclusione per maxiriciclaggio di denaro e intestazione fittizia di beni”. Poi il 30 dicembre del 2009 la Corte d’appello siciliana confermava la confisca dei beni e la Cassazione ha ribadito la sentenza il 5 ottobre 2011.

Così il 4 luglio 2013 il tribunale di Palermo inoltra una domanda d’assistenza giudiziaria ai ministeri pubblici della Confederazione svizzera e a quelli del Cantone Ticino, chiedendo la restituzione allo Stato italiano, dei milioni di euro sequestrati a Massimo Ciancimino a Ginevra. Con decisione del 28 febbraio 2014 il Ministero pubblico svizzero ha ordinato la confisca dei soldi e la riconsegna all’Italia di tali beni.
Galli spiega che “la legge svizzera sulla ripartizione dei valori patrimoniali confiscati (sharing) è in vigore dal 2004. È una legge applicabile quando non vi è richiesta di risarcimento danni a parti lese, né un assegnamento dello Stato estero in qualità di parte lesa. In applicazione di tale normativa, l’ufficio federale di giustizia ha diritto a una ripartizione equa di tali beni confiscati con il ministero della Giustizia italiano”.

Quindi i soldi confiscati in Svizzera devono essere ripartiti in parti uguali tra i due Stati. I 3,8 milioni di euro confiscati a Massimo Ciancimino sono ora a disposizione del ministero della Giustizia. Secondo l’ufficio federale della giustizia svizzero ci sarebbero altre richieste di confische di denaro, a carico del Massimo Ciancimino, da parte di altri investigatori italiani. Ma l’iter procedurale, stavolta, dovrebbe essere più veloce.

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Anna Germoni