Omicidio stradale: "Lo Stato non deve perdonare"
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Omicidio stradale: "Lo Stato non deve perdonare"

Lettera aperta al presidente Renzi dalla parte dei parenti delle vittime della strada

Caro Presidente Renzi,

non si sente un po' responsabile della morte assurda e terribile di quattro giovani uccisi da "un missile" mentre erano al bar, dove stavano semplicemente vivendo? Lei, come tutti coloro che a parole sono dalla parte delle Vittime e di chi non deve diventarlo mai, ovvero 60 milioni di cittadini  (tanti gli utenti della strada).

Ma lei più degli altri dovrebbe sentirsi responsabile, perché è stato il primo Presidente del Consiglio che ha chiesto sicurezza nelle nostre strade e giustizia per le Vittime durante il discorso di inesdiamento. Illudendo, tra l’altro, migliaia di familiari condannati, loro si, all’ergastolo del dolore amplificato dalla mancanza di giustizia. Illudendoli sì, perché da quando ha pronunciato quelle parole a oggi non è stato fatto niente. Anzi, qualcosa sì. Oggi chi non rispetta una regola della strada e si becca una multa se paga subito ha lo sconto. Alla faccia della prevenzione. 

Lo sa che il nostro paese ha il primato della quantità di multe? 78 milioni all’anno contro i 23 della Germania, che è pure più grande. Non crede che questo paese abbia bisogno di meno carote e più bastoni (metaforicamente parlando ovviamente)? La settimana scorsa c’è stata una sentenza “favolosa”, per l’assassino, perché quello è. Il 21 novembre del 2011 è morto Matteo La Nasa, dopo un anno e mezzo su un a sedia a rotelle paralizzato. Anche lui giovanissimo, anche lui si trovava in un bar quando “un missile” lo ha distrutto. Chi l’ha costretto al calvario e poi alla morte è un altro ragazzo che si divertiva a fare le corse con la sua auto. Un giudice ha ben pensato, in barba a Beccaria che riteneva la pena quel sensibile motivo che induce a non commettere illeciti, di condannarlo a due anni con la condizionale.

È giusto? È un deterrente? È il valore di una vita? Aiuta le persone a comprendere che la mancanza di rispetto di una regola stradale comporta l’intrusione, a volte violenta, nella vita altrui? Quale libertà dobbiamo tutelare, quella di chi ne abusa o quella di chi rispetta i limiti delle libertà altrui? Basta una pacca sulla spalla e un bel “non farlo più”?

Giovanni Paciello ha ucciso anche suo fratello. Lo ha punito il destino. O Dio, per chi ci crede. Ma adesso lo Stato non deve perdonare. Le pene devono esserci e devono essere effettive ed eque. Devono dare valore alla vita e all’unica libertà che dobbiamo tutelare, quella di vivere! Una macchina non è un poltrona, è un’arma bianca. Se la si usa senza essere coscienti di questo, si può uccidere.

È ora di finirla. Non solo bisogna introdurre subito il reato di omicidio stradale (che può anche restare nel colposo come in altri Paesi dove si lavora sulle aggravanti e dove imprudenza, negligenza e mancanza di osservazione delle regole sono aggravanti vere e dove c’è sempre l’arresto immediato e la pena effettiva. Dove la patente te la ritirano finché non dimostri di avere rispetto per gli altri), è necessario inasprire anche le sanzioni, soprattutto laddove i comportamenti coincidono con quelli che provocano gli scontri più gravi. Scontri. Non incidenti. Perché tutte queste stragi non sono dovute al caso, sono dovute all’irresponsabilità, all’imbecillità, alla mancanza di rispetto per gli altri. E a un governo dietro l’altro per cui dieci morti al giorno non sono considerati mai un’urgenza. 

Barbara Benedettelli

Scrittrice e attivista per i diritti delle Vittime

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