Omicidio Ceste: così il pm ha chiesto e otterrà 30 anni per Michele
News

Omicidio Ceste: così il pm ha chiesto e otterrà 30 anni per Michele

Dopo quattro ore di requisitoria, la procura di Asti punta al massimo della pena. Dalla sua l'esistenza della prova logica

Il pubblico ministero Laura Deodato ha chiesto al giudice una condanna a 30 anni di carcere per Michele Buoninconti, il massimo della pena considerato che il processo si svolge con rito abbreviato.

L’imputato è accusato di omicidio premeditato e occultamento del cadavere della moglie, Elena Ceste, la casalinga di Costigliole d’Asti sparita dalla sua abitazione il 24 gennaio dell’anno scorso e ritrovata senza vita 9 mesi dopo tra le sterpaglie dentro un corso d’acqua a due chilometri di distanza dalla sua abitazione.

Deodato ha parlato per quattro ore in una requisitoria nella quale ha illustrato quelli che considera “elementi incontrovertibili” contro il vigile del fuoco, raccolti durante “indagini condotte in maniera ineccepibile”, che prima di inchiodare il marito di Elena hanno percorso tutte le potenziali strade alternative per arrivare alla fine dall’unico grande indiziato, che nel frattempo pensava di giocare al gatto col topo con i carabinieri di Asti comandati dal colonnello Fabio Federici.

I quali gli hanno silenziosamente costruito un recinto attorno, per poi fargli terra bruciata fino a incastrarlo. Manca la cosiddetta pistola fumante, in questo caso, del resto difficile se non impossibile da trovare. Ma c’è qualcosa di più consistente che rappresenta la vera forza di questa indagine e, prevediamo, reggerà fino alla fine: la prova logica, che viene costruita fin dalle prime parole del marito subito dopo la scomparsa della moglie.

La prova logica

Lui, che non è presente quando la donna si allontana, dice che è uscita di casa nuda. Ma nessuno si incammina per la campagna senza vestiti il 24 gennaio, se non una persona che non sta bene. Ed ecco che Buoninconti parla della moglie in preda a una sorta di delirio psicotico. Peccato che in casa non vengano trovati medicinali e che il medico di famiglia, che l’ha visitata due giorni prima, parla di uno stato di salute normale.

Facciamo tre passi avanti e corriamo al 18 ottobre scorso, quando il corpo di Elena viene ritrovato nel rio Mersa. Coincidenza vuole che sia nuda, proprio come aveva detto il marito che, ripetiamo, non l’aveva vista uscire.

Gli investigatori non hanno più dubbi: l’ha uccisa dentro casa, cogliendola di sorpresa subito dopo la doccia e soffocandola con un cuscino, poi è andato a seppellire il corpo e a quel punto, puntando ad accreditare l’ipotesi dell’allontanamento volontario, ha detto che Elena è uscita nuda per pararsi il colpo nel caso in cui fosse stata ritrovata.

Su cosa punta la difesa

Non è certo questa la prova che lo inchioda, ma tutto inizia da qui. E finirà qui, perché il castello accusatorio è solido e reggerà gli urti della difesa di Buoninconti, che farà leva sulle celle telefoniche e sulla causa di morte che parla di asfissia come ipotesi finale dopo che sono state escluse tutte le altre possibilità scientifiche.

Qualsiasi cosa succeda, non si tratta di elementi che da soli portano in una direzione opposta, quindi non sono in grado di generare un ragionevole dubbio.

La tragedia di Elena

Michele Buoninconti e Elena Ceste nel giorno del loro matrimonio in una foto tratta dalla pagina Facebook 'Michele Buoninconti: innocente fino a prova contraria'.

I più letti

avatar-icon

Carmelo Abbate