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Migranti, quel fatalismo umanitario è inaccettabile

Il tentativo italiano di governare l’ondata migratoria è messo a rischio da chi invece la considera inevitabile e ogni sforzo di contenimento

Questo giornale da anni contesta l’incuria, l’insipienza e l’incapacità dei governi di fronte all’emergenza migratoria. Adesso che si vedono i primi risultati dello sforzo di Paolo Gentiloni e di Marco Minniti di governare sul serio l’immigrazione scoraggiamo l’illusione che il più sia stato fatto.

La strada intrapresa è quella buona ma siamo ancora lontani dal traguardo. Le difficoltà di ordine interno e internazionale che hanno finora impedito all’Italia di ripristinare la propria sovranità sul proprio territorio non sono scomparse.

Il fronte trasversale di quanti, per una ragione o per l’altra, pensano, parlano e agiscono convinti che l’unico dovere dei governi italiani sia quello di salvare le vite in pericolo è minoritario ma sfrutta un insidioso arsenale polemico. Come un tempo il pacifismo urlava «meglio rossi che morti», così oggi il fatalismo umanitario addita come immorali e disumani quanti cercano di frenare gli sbarchi.

In nome di una solidarietà elevata a principio non negoziabile si fulminano condanne morali e scomuniche, si acceca la ragione e si paralizza l’azione. Così per l’ex direttore di Repubblica, Ezio Mauro, «in questa estate per la prima volta il sentimento umanitario è finito in minoranza affondato dal realismo politico (...) il governo può esercitarsi a svuotare il mare col cucchiaino di un codice per le ong» ma «l’effetto spettacolare» che così produce, è quello di «un’inversione morale per cui non potendo fermare le vittime prima che partano dai loro paesi e non riuscendo a colpire gli scafisti si criminalizzano i soccorritori che salvano chi sta morendo in mare».

Sempre su Repubblica il direttore ha definito «onda melmosa» le critiche rivolte alle ong, mentre la presidente della Camera Laura Boldrini ha ammonito «non si spara sulla Croce Rossa, non si colpiscono i soccorritori». Evidentemente per loro non contano i 14 mila morti in mare degli ultimi tre anni, né i costi e le conseguenze sulla parte povera della nostra gente - immigrati compresi - di un’immigrazione caotica e di un’accoglienza insostenibile. Se l’atteggiamento degli italiani - politici compresi - rispetto all’immigrazione è passato dalla quasi unanimità di favorevoli del 1990 alla quasi unanimità di contrari di oggi, è proprio in conseguenza del lungo prevalere di una retorica cieca e contradditoria e di scelte politiche irresponsabili.

Se il governo per evitare che alcune ong divengano interlocutrici degli scafisti concorda un codice di comportamento, si irride la vanità dello sforzo.

Se il governo aiuta e potenzia la guardia costiera libica dimezzando con gli sbarchi anche i morti in mare si deplora che i migranti vengano riportati nei locali campi di detenzione e alcune ong si chiamano fuori dai soccorsi.

Se sui campi si ottiene la sorveglianza dell’Onu si esclude che sarà efficace e si sposta il problema ai paesi africani che premono sulla Libia. Se anche qui il governo interviene, negoziando il contenimento con le tribù del sud, si evoca il blocco militare dell’immigrazione.

Ecco: per i cultori del fatalismo umanitario l’immigrazione è una catastrofe inevitabile e il loro realismo politico consiste nell’ammantarsi di nobili principi e arrendersi.

*Questo articolo è stato pubblicato sul n. 35 di Panorama, in edicola il 17 agosto 2017

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Claudio Martelli