Mare nostrum, fatti vostri
ANSA/GIUSEPPE LAMI
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Mare nostrum, fatti vostri

La missione Frontex Plus ripeterà con raggio più limitato quello che l’Italia sta già facendo. L’Europa ci appoggia, ma soltanto a parole. E sulla Libia la Gran Bretagna si sfila

Il rischio vero è che tutto cambi perché nulla cambi, o quasi. Il passaggio dalla missione Mare Nostrum a quella Frontex Plus da novembre potrebbe caratterizzarsi soprattutto per limiti territoriali di intervento più stretti rispetto a oggi, senza che dall’Europa arrivi un concreto aiuto all’Italia sotto forma di uomini e mezzi. E che tutto continui a ricadere sulla Marina e sulle forze dell’ordine. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, dopo il vertice del 27 agosto con il commissario europeo per gli Affari interni, Cecilia Malmström, e quelli successivi con i colleghi di alcuni paesi come Francia, Spagna e Germania, ha riscosso appoggi verbali ma meno sostanza di quanto l’Italia sperasse. Tutti sostengono Frontex Plus, in pratica non si ha idea di quanti uomini e mezzi verranno effettivamente messi a disposizione.

Oggi il dispositivo Mare Nostrum del ministero della Difesa prevede un minimo di 900 uomini, 5 navi, elicotteri e aerei. Nella realtà le emergenze sono continue e, per esempio, da venerdì 29 a domenica 31 agosto sono state in mare 8 navi, più elicotteri e aerei, per soccorrere quasi 4 mila persone (120 mila da inizio anno). La Francia, al momento, è l’unica nazione che dovrebbe contribuire, ma non si sa come. Anche la Spagna «appoggia» Frontex Plus a parole: nei fatti, invece, da Madrid ricordano che nel primo trimestre 2014 l’immigrazione irregolare è aumentata del 130 per cento rispetto all’anno precedente attraverso le enclavi di Ceuta e Melilla in Africa e quindi, è sottinteso, non vogliono altri problemi. È probabile che un vertice decisivo sarà il Consiglio Ue il 9 e 10 ottobre in Lussemburgo.

Sembra che la differenza sostanziale tra Frontex Plus e Mare Nostrum sarà l’area di intervento: oggi le navi raccolgono naufraghi anche a poche decine di miglia dalla costa libica, tanto che le organizzazioni criminali catechizzano gli scafisti affinché chiedano soccorso poco dopo la partenza. In futuro si dovrebbe restare all’interno delle acque territoriali, cioè entro 12 miglia dalla costa italiana. Anche considerando questa distanza dalle coste di Lampedusa, è evidente l’enorme differenza rispetto a oggi. Che cosa succederà? Premesso che i governi potranno decidere di estendere l’area di intervento, anche se non come adesso, se le nostre navi dovessero ricevere una richiesta di aiuto da qualche decina di miglia oltre il nuovo «confine»  scatterà il soccorso come sempre deve avvenire in mare. E allora?
Negli incontri bilaterali che sta avendo Alfano c’è un dettaglio importante. Nel comunicato diffuso il 28 agosto dal Viminale dopo l’incontro a Roma con l’omologo francese, Bernard Cazeneuve, si ricorda l’impegno degli Stati dell’Ue «per una rigorosa applicazione delle norme per l’identificazione dei migranti illegali previste dalla normativa europea». Un diplomatico invito all’Italia, ribadito anche da Berlino il 2 settembre, a rilevare le impronte digitali a tutti quelli che sbarcano, operazione spesso difficile perché i profughi si rifiutano per evitare di essere rimandati indietro dagli altri paesi europei e su cui ufficiosamente l’Italia chiude un occhio per favorire il deflusso. La questione centrale resta la Libia, che a livello internazionale è passata ulteriormente in secondo piano con l’acuirsi della crisi ucraina. L’Italia ha chiesto di inserire il tema libico all’ordine del giorno del vertice Nato del 4 e 5 settembre a Cardiff, nel Galles, che sarà seguito il 9 e il 10 a Milano dalla riunione dei ministri della Difesa dell’Ue. A giugno prima con il presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre, e poi con il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, gli Stati Uniti avevano convenuto su una missione Onu in Libia.
Invece, nelle tre pagine della lettera che il 1° agosto il premier britannico, David Cameron, ha scritto a Matteo Renzi la parola Libia non c’è. E Cameron si muove di pari passo con Barack Obama. Dopo un accenno a Siria, Iraq e Medio Oriente, gli obiettivi indicati sono la crisi Russia-Ucraina, la fine della missione Isaf in Afghanistan e la necessità che i Paesi dell’Alleanza aumentino le spese militari, ipotizzando perfino missioni in Georgia e Medio Oriente. L’Italia ha bisogno dell’energia russa e media con Vladimir Putin, insieme con la Germania. Dunque a Cardiff si rischia un duro confronto: se davvero si decidesse un intervento in Libia, la riunione dei ministri della Difesa potrebbe diventare «operativa». Altrimenti, la missione Frontex Plus prenderebbe il via sotto pessimi auspici.               
(Hanno collaborato Francesco Dendena da Parigi e Simona Tobia da Madrid)
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Stefano Vespa