Mafia, Schettino e tasche bucate: gli italiani per i tedeschi
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Mafia, Schettino e tasche bucate: gli italiani per i tedeschi

Ecco quello che in Germania dicono di noi i cittadini berlinesi. Ma non è razzismo

No, l’Italia non è come la Grecia e a Berlino ancora non sono  capitati casi (esperienza diretta di chi scrive) di professoresse di  tedesco che indicano il compagno di classe greco additandolo come uno  dei responsabili della crisi. “Perché hai eletto quei politici? Perché sei scappato dal tuo Paese in difficoltà per venire qui? Perché  per colpa tua  è la Germania a dover pagare per i tuoi errori?”. In  una nazione come la Germania in cui la responsabilità di una nazione è  intesa come la somma delle singole responsabilità di ogni cittadino, le “colpe”  di uno Stato aquistano facilmente i volti di ognuno dei suoi membri (un  modo di pensare che ha anche molti aspetti positivi: da noi lo Stato è  il signor nessuno di cui tutti si approfittano, in Germania ogni persona si sente “azionista” della res publica e agisce di conseguenza).  

Sull’Italia  e gli italiani questo tiro al bersagio ancora non è iniziato, non  almeno più di quanto non sia sempre stato, tra sfottò (spesso di dubbia  ironia) di natura calcistica e vecchi cliché su Italia spaghetti e mafia (ricordate la copertina del Der Spiegel del 1977?) tirati puntualmente fuori quando qualche fatto di cronaca  sembra legato idealmente al nostro modo di fare “italiano”.

L’ultimo è  stato Schettino,  di cui il giornalista Jan Fleischhauer, su Der Spiegel on line , scriveva: “Siamo  sinceri: qualcuno si è meravigliato che il capitano coinvolto nella  tragedia della Costa Concordia fosse italiano? Qualcuno riesce ad  immaginare che un capitano tedesco o, meglio ancora, uno britannico  avrebbero potuto compiere una tale manovra, comprensiva di omissione di  soccorso? Un personaggio così lo si conosce in vacanza al mare. E’ un  uomo dalle azioni plateali e che gesticola mentre parla”.

La  crisi però non ha intensificato un modo di fare giornalismo populista  che non esistesse già prima (parliamo comunque di una piccola parte  dell’informazione tedesca, non della maggioranza). Del resto come è  stato ricordato in questi giorni “dalla Germania non abbiamo ricevuto un  euro” e mentre la nostra ormai accertata recessione ci spinge sempre  più giù, nel frattempo l’Audi compra la Ducati e la Siemens la nostra Ansaldo energia. Insomma, c’è poco di che lamentarsi da parte tedesca, la crisi italiana ha anche i suoi aspetti positivi.  

Ciò  non toglie che un po’ di discriminazioni legate alle nazionalità ogni  tanto escano fuori lo stesso. È raro, forse parlare di razzismo, è  esagerato e probabilmente se c’è, ce ne è altrettanto in Italia verso i  tedeschi o altri stranieri (anche se la comunità italiana in Germania, e  a Berlino in particolare, sta crescendo a ritmi esponenziali, andando a  concorrere sul mercato del lavoro anche con i tedeschi ben più di  quanto succedain Italia a ruoli inversi) e così non è raro vedere  italiani “rimbalzati” da alcuni locali proprio in quanto palesemente “italiani”.  Capita anche per altri ragazzi e ragazze vestiti troppo da turisti, ma  (e qui ritorniamo all’esperienza diretta di chi scrive), episodi come  quello capitato un paio di mesi al locale Cookies vicino ad Unter del Linden,  dove quando all’entrata si rispose che sì, non si avevano ragazze al  seguito, ma che stavano arrivando tre amiche italiane, la ragazza  tedesca all’entrata replicò che era meglio avvertirle di non venire, che  tanto “gli italiani non mi piacciono, quindi non entrerebbero lo stesso”.  Dietro le parole di quella ragazza probabilmente non c’era nessun  rigurgito nazionalista legato allo stato delle rispettive economie, ma  solo cattivo gusto ed ignoranza, ma il fatto che nessuna delle persone  accanto alla selezionatrice, clienti e buttafuori, si sia sentito in  dovere di prendere le distanze da quanto ascoltato dimostra che, seppur  certe cose non si dicano palesemente, ogni tanto, ad alcune (poche, ma  ci sono) persone, non dispiace troppo sentirle...  

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Andrea D'Addio

Andrea D'Addio, nato a Roma nel 1982 vive da marzo 2009 a Berlino da cui scrive di politica ed economia per Panorama e di cinema e musica per TuStyle, Io Donna e varie altre riviste comprese, ogni tanto, quelle tedesche (Bild am Sonntag, Welt Kompakt). Ha un blog di lifestyle berlinese, Berlino Cacio e Pepe ormai punto di riferimento per la comunità italiana in Germania ed una segreta, ma non troppo, passione per Philip Roth e Jeffrey Eugenides. La sua seconda passione è il calcetto, tanto che è allenatore e giocatore di una squadra berlinese più che mai melting pot.

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