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ANSA/ US POLIZIA DI STATO
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Lidl e la mafia: cosa sappiamo finora

Le indagini sulle presunte attività criminali della famiglia mafiosa catanese Laudani. Sotto il mirino, 4 direzioni generali che controllano 200 negozi

Polizia di Stato e Guardia di Finanza hanno eseguito 15 misure cautelari e due fermi tra la Lombardia e la Sicilia nell'ambito di una indagine contro le attività criminali della famiglia mafiosa catanese dei Laudani coordinata dalla Dda di Milano. In particolare sono state poste in amministrazione giudiziaria quattro direzioni generali della società di grande distribuzione Lidl, cui afferiscono circa 200 punti vendita.

Le indagini
L'operazione della Dda di Milano che ha coinvolto quattro direzioni generali (su 10 in Italia) della multinazionale della grande distribuzione riguarderebbe omissioni nei controlli verso alcuni appalti sospetti finiti nell'orbita delle indagini nei confronti del gruppo criminale ritenuto vicino ai Laudani.

Nel complesso delle indagini della Polizia di Stato di Milano e della Guardia di Finanza di Varese sono state eseguite oltre 60 perquisizioni tra Lombardia, Piemonte, Puglia e  Sicilia, e sequestri preventivi di beni immobili e quote sociali.

Gli appalti interessati
La presunta associazione per delinquere smantellata oggi dalla Dda di Milano avrebbe ottenuto "commesse e appalti di servizi in Sicilia" da Lidl Italia e Eurospin Italia attraverso "dazioni di denaro a esponenti della famiglia Laudani", clan mafioso "in grado di garantire il monopolio di tali commesse e la cogestione dei lavori in Sicilia". Gli arrestati, inoltre, avrebbero ottenuto lavori da Lidl Italia "in Piemonte" attraverso "dazioni corruttive". Lo si legge nell'ordinanza cautelare Stando all'ordinanza del gip di Milano Giulio Fanales, emessa su richiesta del pm della Dda Paolo Storari.

I "delitti" contestati
La presunta associazione per delinquere, composta da 16 persone, avrebbe commesso "una pluralità di delitti di emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione Iva, omesso versamento IVA, appropriazione indebita, ricettazione, traffico di influenze, intestazione fittizia di beni, corruzione tra privati".

In particolare, Luigi Alecci, Giacomo Politi e Emanuele Micelotta, tutti "con il ruolo di capi e promotori", nel 2008 avrebbero costituito "dapprima la Sigi Facilities e poi, nel 2015, la Sigilog, società consortile a cui fanno capo una serie di imprese, che si occupano di logistica e servizi alle imprese, intestate a prestanome al fine di permettere agli indagati una totale mimetizzazione". Queste imprese, poi, come si legge sempre nell'ordinanza, avrebbero versato somme di denaro a Simone Suriano "dipendente Lidl Italia srl, con il ruolo di associato" e finito oggi agli arresti domiciliari. Suriano sarebbe stato "stabilmente a libro paga al fine di far ottenere appalti a favore di imprese facenti parte dei consorzi Sigi Facilitis e Sigilog". La società Lidl Italia, invece, non è indagata.

Soldi sarebbero stati versati, poi, anche a Salvatore Orazio Di Mauro, "fino al suo arresto intervenuto in data 10.2.2016". Di Mauro sarebbe un "esponente di spicco della famiglia Laudani, uomo di fiducia di Laudani Sebastiano classe '69, detto Iano il grande". Le imprese della presunta associazione, tra l'altro, avrebbero versato denaro anche a "Enrico Borzi'", anche lui presunto esponente dell'associazione. I rapporti tra gli indagati e la famiglia Laudani, si legge n gli atti, "risalgono a tempo addietro" e tra le finalita' dei  versamenti c'era anche quella "di provvedere al sostegno dei detenuti della famiglia mafiosa dei Laudani" Le indagini riguardanti la Lidl hanno accertato che "sapevano chi  corrompere, quali fossero le persone giuste da corrompere": lo ha detto il procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, responsabile della Dda milanese, illustrando a Milano i dettagli che hanno portato alla scoperta della presunta associazione per delinquere.

"Non può essere invocata una posizione di buona fede" dei dirigenti delle quattro direzioni generali Lidl di Volpiano, Biandrate, Somaglia e Misterbianco, l centro dell'inchiesta della Dda milanese, in quanto "non solo percepiscono denaro per assegnare lavori in favore degli indagati (...) ma intrattengono, in via diretta o indiretta (questo allo stato non e' noto) rapporti con soggetti appartenenti alla famiglia mafiosa dei Laudani in grado di orientare le scelte" della catena della grande distribuzione nell'assegnare gli appalti dei servizi. Sono le conclusioni del provvedimento con cui la sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano, presieduta da Fabio Ria, ha disposto l'amministrazione  giudiziaria di Lidl Italia s.p.a. "in relazione alle direzioni in cui si e' realizzata l' infiltrazione mafiosa", per un periodo di sei mesi.

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Redazione