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Le parole chiave del terremoto del Centro Italia

Amatrice, Suor Mariana, sciame sismico, ricostruzione, sfollati: quando il racconto del sisma passa attraverso alcuni vocaboli simbolo

Da Amatrice, il Paese devastato dalla scossa del 23-24 agosto, all'immagine Suor Mariana, la sorella sopravvissuta al sisma ritratta in una fotografia che ha fatto il giro del mondo. Tutte le parole chiave per raccontare il duplice sisma che ha colpito - il 23 agosto e il 26 ottobre 2016, vaste aree della dorsale appenninica del Centro Italia.

AMATRICE

È il paese simbolo del terremoto di magnitudo 6.0 che ha colpito il Centro Italia nella notte tra il 23 e il 24 agosto 2016: 236 vittime, un numero elevatissimo di costruzioni crollate o gravemente lesionate, il centro storico raso quasi interamente al suolo. Il palazzo del Comune e un altro in cemento armato in piena zona rossa definito dagli abitanti il "palazzo della banca" (che campeggia in tutte le foto del centro distrutto di Amatrice dopo il primo sisma) sono invece venuti giù ieri, nell'ultima scisma del 26 ottobre. Entrato a far parte dal 2015 del club “I borghi più belli d’Italia", questo paese di 2500 anime in provincia di Rieti ha subito anche gravi danni al proprio patrimonio artistico, dalla rottura della splendida facciata della basilica di S.Francesco, risalente al Trecento, che ha perso il suo oculo alla chiesa di S. Agostino, eretta nel 1428 a ridosso delle mura antiche della città, che esibiva un bellissimo portale tardo gotico.

SFOLLATI

Sono oltre duemila cinquecento gli sfollati dell'ultima, doppia, scossa di terremoto avvenuta rispettivamente alle 19,10 e alle 21,10 di mercoledì 26 ottobre, la prima di intensità 5,4, della scala Richter che ha fatto riversare in strada la gente in tutti i paesi colpiti dal sisma e  la seconda, arrivata due ore dopo e molto più intensa (5,9), fortunatamente quando la maggior parte delle persone aveva già lasciato l'abitazione. I comuni più colpiti sono stati Tolentino e Ussita, poi Camerino, Muccia, Visso, Ussita, Castelsantangelo sul Nera, Preci e Norcia.  Tutti tra Perugia e Norcia. Alle duemila cinquecento persone sfollate nel'ultima duplice scossa del 26 ottobre si debbono aggiungere i 4695 sfollati ufficiali (1128 in Lazio, 1948 nelle Marche, 1115 in Umbria) della devastante scossa di fine aosto.

 

SCIAME SISMICO

Secondo i sismologi dell’Ingv sono state oltre 150 le scosse registrate dalle 19,10 di martedì 24 ottobre nella zona fra Marche e Umbria: dopo le due scosse più intense di 5.9 e 5.4 e quella della mattinata di giovedì 27 ottobre di magnitudo 4.5, le repliche superiori a 4,0 sono state tre, tutte nella zona di Macerata. Dal 24 agosto sono stati localizzate complessivamente oltre 18mila scosse, in un’area che si estende per oltre 60 chilometri lungo il dorsale appenninico, 290 delle quali comprese tra 3 e 4, 18  tra 4 e 5 e 4 di magnitudo maggiore di 5.

EPICENTRO

Se ll terremoto del 24 agosto ebbe come epicentro il paese di Amatrice, la prima  scossa del 26 ottobre ha avuto come epicentro un'area adiacente a Castelsantangelo sul Nera, situato a dieci chilometri a sud di Norcia, sul confine tra Marche e Umbria, originata a 8-9 chilometri di profondità (ipocentro), la stessa del mese di agosto. «Nel primo terremoto del 24 agosto — ha spiegato il geologo Massimiliano Cocco — la zona aveva subito un abbassamento verso il Tirreno di venti centimetri mentre l’Appennino si distendeva sui due versanti». Un abbassamento che, secondo i geologi, sarebbe all'origine del perdurare delle scosse. Secondo i geologi dell'INGV, il nuovo terremoto avvenuto il 26 ottobre potrebbe innescare una cosiddetta fragilità di faglia nell'area di Amatrice (epicentro di altro sisma il 24 agosto scorso), scatenando nuovi pericolosi fenomeni in tutta l'area della catena appenninica.

PIOGGIA TORRENZIALE

La pioggia torrenziale caduta sull'area dell'ultima duplice scossa del 26 ottobre - con il suo carico di detriti e fango - sta rendendo complessa la conta dei danni e l'arrivo dei soccorsi nei paesi appennini colpiti. Un pericolo che si sta riducendo nel corso della giornata, in corrispondenza con l'abbassamento delle temperature e il ritorno dell'alta pressione. Il timore, ora, è però quello che nuove frane possano riversarsi sui paese attraversati dal sisma.

VITTIME

La protezione civile ha quantificato in 298 vittime le persone morte nel sisma del 23-24 agosto, con epicentro situato lungo la Valle del Tronto tra i comuni di Accumoli, Amatrice (Provincia di Rieti) e Arquata del Tronto (Provincia di Ascoli Piceno),  mentre sono state estratte vive dalle macerie 238 persone (alcune delle quali decedute in seguito). I feriti portati in ospedale sono invece 388. Non ci sarebbe invece nessuna vittima per il terremoto del 26 ottobre, salvo un uomo colpito da infarto

DANNI

Danni al patrimonio artistico e culturale, alle vie di comunicazione, come Via Salaria, a centinaia di abitazioni.  Secondo il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano Matteo Renzi, i danni complessivi subiti nel sisma del 24 agosto 2016 sono quantificabili in una somma non inferiore a 4 miliardi di Euro, cui debbono aggiungersi anche i danni provocati dallo sciame sismica e dalle scosse del 26 ottobre 2016, non ancora quantificati anche per la lentezza dei soccorsi provocata dalle piogge torrenziali che sono cadute su tutti i comuni appenninici colpiti. Per le operazioni di emergenza il governo ha stanziato 40 milioni di euro.

SUOR MARJANAH

Suor Marjana Lleshi, 32 anni di origini albanesi, è diventata, grazie a questa fotografia, il simbolo del terremoto che ha devastato il Centro Italia nella notte tra il 23 e il 24 agosto.  Una fotografia scattata all'indomani del tragico sisma di Amatrice che l'aveva sorpresa nella notte, costringendola a nascondersi sotto un tavolo. «Sono rimasta lì fino all'arrivo del mio soccorritore, un ragazzo colombiano del convento cheassiste una famiglia di anziani nostri ospiti. Non conoscevo il suo nome, non ci avevo mai parlato. Mi ha preso per un braccio e mi ha condotto fuori. Questo ragazzo ha rischiato la vita per dare una mano a me e alle altre sorelle» Un'immagine che ha trasfigurato l'orrore mostrato un altro lato dell'essere umano, quello della speranza.

RICOSTRUZIONE

Restauro: è la parola d'ordine che ha fatto proprio la classe politica italiana, nazionale e locale, dopo i terremoti che hanno devastato il Centro Italia. Abbandonata l'idea delle new town che avevano accompagnato, tra le polemiche, la ricostruzione a L'Aquila, si è fatta avanti l'idea che la ricostruzione debba essere affidata questa volta ai sindaci dei comuni,  cioé a coloro che i territori li conoscono meglio, senza  centralizzare le opere di ricostruzione attorno a un commissario unico. Naturalmente ogni sisma fa storia a sé. E tutto dipende, dalla gravità dei danni, dal numero delle persone rimaste senza casa, dai costi della ricostruzione rispetto alla nascita ex novo di una nuova città. Ma la strada, questa volta, secondo il Consiglio dei Ministri, sarà tutta diversa da quella seguita in Abruzzo. Un po' più simile, semmai, a quanto fu fatto dopo il terremoto del 1997 che devastò la Basilica di San Francesco ad Assisi, Foligno, Nocera Umbra. Lo slogan, allora, fu fu subito dov'era, com'era

MESSA IN SICUREZZA

Secondo un rapporto fatto dal Centro Studi del Consiglio Nazionale Ingegneri, Costi dei terremoti in Italia, dal 1968 al 2014 si sono spesi 121,6 miliardi di euro per le ricostruzioni. Considerando l'intervallo temporale, è come se si fossero spesi 2,6 miliardi di tasse all'anno per riparare i danni. Secondo l'ANCE il costo della mancata prevenzione è più alto, e ammonta a 3,5 miliardi di euro all'anno. Quali che siano le cifre vere, secondo alcuni esperti, ristrutturare secondo le norme antisismiche avrebbe un costo inferiore a quello che abbiamo speso negli ultimi 50 anni per la ricostruzione. Come è chiaro, non esiste però assoluta concordanza di dati e valutazione. Nemmeno sulla mitica messa in sicurezza del territorio, ultima frontiera del vaniloquio che esplode dopo ogni terremoto. Secondo le cifre fatte dal Consiglio nazionale degli ingegneri nel 2013 basandosi sui dati Istat, Cresme e della Protezione Civile, servirebbero circa 93,7 miliardi di euro per mettere in sicurezza le case di tutti gli italiani. Secondo l'Associazione Nazionale dei Costruttori Edili (ANCE) circa 21,8 milioni di persone vivono nelle aree a elevato rischio sismico in Italia. Mauro Dolce, uno dei direttori generali del Dipartimento della Protezione Civile, ha detto al Sole 24 Ore: «Per l'adeguamento sismico degli edifici pubblici serve una cifra sull'ordine di 50 miliardi». L'adeguamento antisismico rimane insomma una parola pass partou che significa e non significa ed è ogni volta fonte anche di polemiche. Anche perché, nelle stime più frequenti sulla mitica messa in sicurezza del territorio ad alto rischio sismico, (quasi) tutti escludono le abitazioni private, per le quali sarebbe necessario una grande operazione pubblico-privata che consenta anche di assicurare - a spese dei proprietari - le abitazioni, obbligando gli stessi proprietari a sostenere anche i costi dell'adeguamento. Siamo, noi italiani, disposti davvero a sobbarcarci il costo?

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