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ANSA/CLAUDIO PAPETTI
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Il branco: come uccide e perché

L'omicidio di Alatri riporta l'attenzione sui gruppi di violenti: il leader, i valori, le caratteristiche. L'intervista al criminologo

Sono stati 15 minuti di orrore, di violenza inaudita e gratuita, consumata davanti a decine di ragazzi che riempivano la piazza centrale di Alatri. Nessuna azione fulminea ma un accanimento compiuto a più riprese sul corpo di Emanuele Morganti anche quando il ragazzo era ormai esanime.

Una violenza scatenatasi probabilmente da un mix di alcol e droga e dalla voglia aberrante di dimostrare "davanti a tutti chi comanda e controlla il territorio". Emanuele, 20 anni, sabato sera è morto così, davanti alla discoteca nella quale era andato con la sua ragazza, aggredito da un gruppo di una decina di soggetti che è difficile definire “uomini”.

A sferrare i colpi letali, Mario Castagnacci, cuoco di 27 anni, che per gli investigatori dovrebbe essere il responsabile del colpo mortale, e Paolo Palmisani. Colpiscono finchè Emanuele non si muove più. Poi i due scappano a Roma da parenti dove, ieri, vengono fermati dai carabinieri.

Come un branco di lupi
"L'immagine che corre alla mente è quella di un lupo, che agisce solo in quanto supportato dal branco. La psiche del ragazzo-lupo si fonde col branco e il funzionamento mentale del singolo si omologa a quello del gruppo. Nel branco o ci stai dentro o ne esci fuori” spiega Silvio Ciappi, psicoterapeuta e criminologo, che traccia così il profilo dell’appartenente al branco.

“Non esistono mezze misure, moderatismi. L'individuo investito dalla forza del gruppo si sente onnipotente, un sentimento che costituisce una risposta al senso diffuso d'impotenza che pervade il singolo. È una sorta di infezione psichica collettiva”.

La violenza: un archetipo
Eppure Emanuele tentò di fuggire ma fu inseguito e finito davanti a tutti, con una violenza cieca.

“La violenza è un dato culturale e psicologico più che biologico. Costituisce un archetipo attraverso il quale gli uomini solidarizzano, formano un gruppo, una cultura. Il criterio è quello dell'orda, attraverso la quale la società di fratelli attacca i suoi consimili – spiega ancora Ciappi. Il branco è una società impulsiva, senza 'nomos', senza padre. Basti pensare ai guai e alle stragi che hanno commesso storicamente le società di 'fratelli', ovvero gruppi o branchi anomici caratterizzati dal soddisfacimento istantaneo di una pulsione”.

Il ruolo del leader
Chi era il leader del branco che ha ucciso Emanuele? Quanto influisce la figura del leader e in quale modo? E il suo ruolo è più fisico o psicologico? “È il fratello più grande. Il suo ruolo è psicologico. Dà gli ordini che gli altri devono eseguire. Il capo dà inizio al pasto tribale, alla consumazione violenta, all'orgia collettiva. È Euripide a ricordarcelo nelle Baccanti, quando sorprendentemente entra nell'inconscio collettivo di allora e di oggi, e ci ritrae la figura del corteo dionisiaco, pulsionale, folle, violento”.

Violenza non solo tra adolescenti
Ma il caso di Alatri mostra che la violenza di gruppo sembra non appartenere più solo agli adolescenti, ai baby bulli, ma anche agli adulti, soggetti che dovrebbero avere una maturità, una consapevolezza sociale. “Nel branco i 'lupi' diventano una massa indifferenziata. Attraverso di esso, non si riesce più a distinguere la colpa individuale da quella collettiva. Il branco di giovani e di adulti è una sorta di possessione collettiva, dove i sentimenti individuali vengono ridotti al minimo e scompare l’età e l’identità”.

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Nadia Francalacci