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ANSA/ US POLIZIA DI STATO
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Gli impuniti del cartellino

Da Biella a Milazzo, aumentano gli statali furbetti. Ma i licenziamenti-sprint promessi dal governo per ora non si vedono. Come nel caso di Siracusa

Altro che licenziamenti sprint: per gli statali scorretti la pacchia non è ancora finita. Lo scorso 7 settembre le Fiamme Gialle hanno notificato a 23 furbetti del cartellino della ex Provincia regionale di Siracusa l’avviso di conclusione delle indagini da parte della procura. "Dipendenti assenteisti colti sul fatto, licenziamento rapido a tutela di tutti quelli onesti", aveva twittato per l’occasione la ministra della Pubblica amministrazione Marianna Madia.

Infatti, per i furbetti di Siracusa sarebbero dovute scattare le nuove regole previste dal decreto anti-fannulloni in vigore dal 13 luglio, uno dei pilastri della riforma della Pa, stando alle quali i colpevoli andrebbero messi alla porta entro 30 giorni. Ma a distanza di un mese dei licenziamenti non si vede nemmeno l’ombra.

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"I tempi stabiliti dal decreto sono troppo brevi", spiega a Panorama il responsabile dell’ufficio di gabinetto dell’ex Provincia regionale di Siracusa Dario Di Gangi. Risultato? "I dipendenti indagati sono stati regolarmente sospesi" prosegue Di Gangi "ma non si giungerà a un verdetto definitivo prima di qualche settimana. A ogni modo, la violazione dei termini temporali introdotti dal decreto Madia non determina la decadenza dell’azione disciplinare, purché il procedimento si concluda entro il limite massimo dei 120 giorni".

Peraltro, oltre a non produrre per ora i licenziamenti sprint promessi dalla ministra, il decreto anti-furbetti sembra pure non produrre l’effetto deterrente sperato.

Da Nord a Sud, i furbetti della Pubblica amministrazione continuano a colpire come se nulla fosse. C’è chi anziché lavorare va a fare la spesa al mercato, chi svolge attività da giardiniere per arrotondare, chi si dà allo shopping e chi se ne va a dormire.

A Biella, in Piemonte, alla fine di settembre sono finiti nei guai 33 dipendenti comunali infedeli. Secondo la procura i lavoratori delegavano la timbratura del cartellino a colleghi compiacenti in modo da potersi assentare dall’ufficio in tutta tranquillità. Non paghi, utilizzavano le auto del Comune per sbrigare le loro faccende personali.

Stessa storia a Milazzo, in provincia di Messina, dove nell’ambito dell’operazione «Libera uscita» le Fiamme Gialle hanno appena scoperto 59 dipendenti comunali che durante l’orario di lavoro andavano agli allenamenti di basket della loro squadra o a farsi fare un massaggio. Oltre mille le ore di assenze ingiustificate.

Cauto il sindaco della cittadina siciliana Giovanni Formica: «Valuteremo caso per caso, senza giungere a conclusioni affrettate». Parole che lasciano presagire che in molti potrebbero farla franca anche stavolta.

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Sui casi emersi finora vigila l’ispettorato della Funzione pubblica coordinato da Andrea Morichetti Franchi. E, proprio dal ministero della Pubblica amministrazione, fanno sapere che in caso di ritardi non consentiti dal nuovo regolamento le amministrazioni coinvolte verranno accusate d’inadempienza.

Il decreto, oltre a prevedere tempi più stretti per i procedimenti disciplinari, stabilisce che i dipendenti imbroglioni devono essere sospesi dal servizio e dallo stipendio entro quarantotto ore. In caso di licenziamento, rischiano poi sanzioni economiche pari ad almeno sei mesi dello stipendio per i danni d’immagine causati all’amministrazione di appartenenza.

Rispetto però a un anno fa, quando grazie all’inchiesta Stachanov vennero smascherati a Sanremo decine di furbetti (tra loro c’era persino chi timbrava il cartellino in mutande), poco o nulla è cambiato. Non solo. Oggi il Comune di Sanremo, complice il blocco delle assunzioni nella Pubblica amministrazione, versa in condizioni disperate.

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Riepilogando: il Far West del badge è costato il licenziamento a 32 indagati, a fronte di 25 archiviazioni; nel frattempo che i tribunali del lavoro emettano le loro sentenze (dopo l’iter processuale i licenziati potrebbero anche essere riammessi al lavoro, pagamento di arretrati compresi), sono state assunte soltanto cinque persone. E ora i buchi in organico cominciano a farsi sentire. A lanciare l’allarme nei giorni scorsi è stato il sindaco Alberto Biancheri.

Alla luce di ciò il decreto 116 di quest’anno (quello che emana misure più severe nei confronti degli statali disonesti) rischia di partorire Comuni fantasma. Basti pensare che a Milazzo è appena finito sotto inchiesta il 30 per cento degli impiegati del Comune. La speranza è che in mancanza di certezza sui licenziamenti, men che mai veloci, almeno le procedure per sostituirli possano subire un’accelerata. Già, e se poi un giudice del lavoro stabilisce che il licenziato deve riavere il suo posto? Il rompicapo è soltanto all’inizio.

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Francesco Bisozzi