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Fake News, perché non serve una legge

Al Senato un ddl bipartisan contro le "bufale maligne" sul web: più facile da elogiare che da far funzionare. E pieno di pericoli, anche di censura, e di obblighi per i blogger

Un disegno di legge contro le fake news sul web. È stato presentato al Senato mercoledì 15 febbraio dalla senatrice Adele Gambaro, del gruppo di Ala-Sc, transfuga del Movimento 5 Stelle.

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Un progetto normativo che vanta sostegno bipartisan, visto che ha tra i firmatari parlamentari del Pd, di Forza Italia, di Area Popolare, della Lega Nord, dei Conservatori e Riformisti (CoR), del gruppo Per le Autonomie e del gruppo Misto, oltre che del gruppo Grandi Autonomie e Libertà.

Il testo prende spunto - ci dice l'Ansa - dalla risoluzione contro le fake news "I media e il giornalismo online: sfide e responsabilità", approvata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa il 25 gennaio scorso. "Nessun bavaglio - spiega Gambaro -. Vogliamo difendere i diritti dei cittadini, sottolineando la differenza tra le bufale intese come satira e le notizie false che arrecano danni seri".

Affermazione che già non suona benissimo, visto che pare difficile immaginare come possa essere una legge a introdurre criteri per stabilire che tipo di comunicazione sia ascrivibile alle "bufale cattive".

Il disegno vuole introdurre, informa l'Ansa, multe per chi pubblica notizie false sul web, reclusione per chi diffonde campagne d'odio; e poi, attenzione!, più obblighi nel controllo per i gestori dei siti.
Controlli che si riferiscono a chi apre un blog o un sito "privato", vale a dire non una testata giornalistica (le cui attività sul web sono regolate dalle norme specifiche sulla stampa). In pratica, secondo quanto riporta Ansa, chi vuole avere un blog dovrebbe comunicare i dati "al Tribunale". Ci sono anche obblighi in fatto di rettifica.

Gambaro ha detto di voler raggiungere il maggior numero di firme possibili da tutti i gruppi.

"Le norme, precisa Gambaro, riguardano le piattaforme informatiche e non i giornali on line, già sottoposti alle regole degli altri prodotti editoriali. La proposta stabilisce che chi pubblica o diffonde "notizie false, esagerate o tendenziose è punito con l'ammenda fino a 5mila euro". Se tali notizie possono "destare pubblico allarme" o "recare nocumento agli interessi pubblici" si rischia, oltre all'ammenda fino a 5mila euro, anche la "reclusione non inferiore a dodici mesi". Per chi "si rende responsabile di campagne d'odio contro individui o di campagne volte a minare il processo democratico" prevista la reclusione non inferiore a due anni e l'ammenda fino a 10mila euro.

Autodifesa, meglio della censura
Come abbiamo visto in precedenza relativamente all'attacco di Beppe Grillo contro chi, come il Garante per le comunicazioni, agitava lo spettro delle fake news chiedendo forme di intervento dello Stato, il punto è che una legge non pare lo strumento più adatto a contrastare il furto di verità che avviene ogni giorno sul web e soprattutto sui social network. Le dinamiche di formazione, a volte spontanea, a volte colposa, a volte anche dolose e premeditate, delle falsità ai danni di individui, di soggetti pubblici o anche del semplice buon senso, e la loro diffusione virale, devono essere contrastate più con l'attenzione, lo smascheramento, il fact checking, la contro-informazione la collaborazione con Facebook e Twitter, che con interventi che rischiano sempre derive censorie e di limitazione della libertà di espressione che sono più pericolose dei processi che vorrebbero arginare.

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Luigi Gavazzi