Expo 2015, volata finale
Il rendering del nuovo quartiere fieristico di Rho Pero, che sarà pronto all'inizio del 2015 (credits: Expo 2015 spa)
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Expo 2015, volata finale

Superate le difficoltà iniziali, a 500 giorni dal via i lavori avanzano velocemente. Ma solo il 2014 dirà se Milano sarà in grado di onorare il suo appuntamento con il mondo.

Un logo abbellito, un altro Paese che va a infoltire la schiera degli espositori, una nuova colonnina wifi qua, un sondaggio favorevole là. Il flusso di notizie positive legate all’Expo 2015, dopo anni di immobilismo percepito, inizia a crescere di pari passo con la skyline milanese, rimodellata a colpi di Hadid, Fuksas, Pelli, Libeskind.

Sarà perchè l’abbattimento della soglia psicologica dei 500 giorni al via (l’esposizione universale prenderà il via il primo maggio 2015) impone concretezza e ottimismo. Sarà perchè da qualche mese, per ragioni analoghe, il clima tra i vari attori istituzionali coinvolti nell’allestimento della kermesse si è fatto più collaborativo, almeno in favore di telecamera. Sarà perchè, come ha ricordato lo stesso premier Enrico Letta il 9 dicembre scorso, durante la cerimonia di adesione formale dell’Unione europea all’Expo, la manifestazione potrebbe avere lo stesso impatto delle Olimpiadi romane del 1960, «mostrando al mondo un Paese di nuovo in crescita e in grado di cogliere l’opportunità di tornare volano economico del continente». Ottimismo, realismo od opportunismo che sia, sta di fatto che all’ombra della Madonnina comincia finalmente a respirarsi aria di grande evento.  

Il più recente e completo studio sul tema, sfornato dall’Università Bocconi lo scorso marzo, sembrerebbe comunque dare ragione a Letta: tra gli investimenti pianificati dalla società di gestione Expo2015 spa, i collaterali pubblici e privati e quelli assicurati dai 139 (a oggi) Paesi ospiti, l’impatto economico della rassegna è stimato in circa 25 miliardi di euro per gli anni compresi tra il 2012 e il 2020. L’effetto positivo sul territorio, insomma, sarebbe già in corso e dovrebbe essere garantito anche nel medio/lungo periodo, grazie alle migliorie infrastrutturali che la manifestazione lascerà in eredità a Milano e alla Lombardia.

Senza contare l’incremento del Pil, almeno un paio di punti, che dovrebbe essere assicurato nei mesi caldi dai maggiori consumi a loro volta alimentati dai 20 milioni di turisti preventivati, un terzo dei quali stranieri: stando al commissario del padiglione cinese Wang Jinzhen, i soli suoi concittadini potrebbero superare il milione di presenze e movimentare mezzo miliardo di euro. E poi la valorizzazione immobiliare, la probabile crescita di attrattività turistica dell’intera area anche negli anni successivi, la maggiore competitività e il minore inquinamento assicurati dalle infrastrutture nuove di zecca: eredità difficili da quantificare al centesimo, ma sicuramente importanti. Di certo determinanti quando nel 2008 la città superò la concorrenza della turca Smirne aggiudicandosi l’organizzazione con il progetto Nutrire il pianeta, energia per la vita, divenuto poi main title di Expo 2015.

Ecco perchè forse l’evento, fino a pochi mesi fa percepito come distante anche da buona parte degli imprenditori lombardi, ora inizia invece a fare breccia anche tra quelli delle regioni limitrofe: secondo un sondaggio di Unioncamere nel 2015 tre titolari su cinque di aziende emiliane, piemontesi e venete visiteranno l’Expo e prevedono che la manifestazione porterà loro benefici in termini di fatturato (un anno fa erano due su cinque). Non solo: il 77 per cento dei milanesi interpellati dal sondaggio Exponiti, in ottobre, ha affermato di guardare con favore all’evento, mentre anche il loro livello di informazione è cresciuto, quasi raddoppiato, rispetto alle rilevazioni precedenti.

Tutto bene, insomma? No di certo: anche se la marcia procede a ritmo serrato, le incognite legate alla realizzazione delle opere, in particolare le infrastrutture, sono tante. E il clima di concordia politico-istituzionale che sta caratterizzando il rush finale non deve far dimenticare le divisioni, le pastoie burocratiche e le inchieste giudiziarie che per anni hanno paralizzato i cantieri. Il 12 dicembre scorso il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, è tornato a mettere in guardia tutti sul potenziale rischio infiltrazioni della criminalità organizzata, che rimane alto soprattutto in un momento in cui i cantieri non possono permettersi ulteriori pause o sforamenti di costi. Anzi, nel rischio di nuovi tagli proprio mentre il tempo inizia a stringere sta l’incognita più grossa: anche perchè i diversi enti locali coinvolti, Comune di Milano in primis, non riescono a ottenere le necessarie deroghe al patto di stabilità che in passato sono state concesse per grandi eventi come il Giubileo di Roma del 2000 o le Olimpiadi invernali di Torino nel 2006.

Se ci vuole immaginazione per sovrapporre quella distesa di scavi, ruspe e fango a pochi passi da Milano con le immagini scintillanti dei rendering che dipingono una cittadella tecnologica nel verde, insomma, ce ne vuole altrettanta per immaginare una metropoli pronta ad accogliere milioni di visitatori agghindata di tutto punto: segnaletica, arredi, trasporti, ricettività, e non solo grattacieli. L’aria che si respira è cambiata, ma solo il 2014 ci dirà se la città sarà in grado di rispettare l’appuntamento con il mondo. E con la storia. 

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Gianluca Ferraris

Giornalista, ha iniziato a scrivere di calcio e scommesse per lenire la frustrazione accumulata su entrambi i fronti. Non ha più smesso

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