Emergenza carceri: la rivolta degli agenti
Un buco scavato in cella da due detenuti di Rebibbia. Uilpa Penitenziari
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Emergenza carceri: la rivolta degli agenti

"Siamo costretti a lavorare in condizioni inumane". Le denunce degli agenti della polizia penitenziaria

“E’ in gioco il prestigio e l’onore dell’Italia”. Sono queste le parole rivolte dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano durante la visita al carcere milanese di San Vittore, all’intera classe politica che in questi anni, non e' riuscita a porre rimedio al sovraffollamento delle prigioni italiane. Ma nel viaggio tra le sezioni e i corridoi dell’istituto penitenziario lombardo, nessuna menzione per il lavoro e i sacrifici quotidiani degli agenti della polizia penitenziaria.  

Eugenio Sarno, Segretario Generale della UILPA Penitenziari, l’attenzione dei media e molto spesso della politica è focalizzata sempre sui detenuti senza mai prendere in considerazione le condizioni in cui lavorano gli agenti della polizia penitenziaria …
“Essendo i detenuti ritenuti, a giusta ragione, gli utilizzatori finali del sistema è anche comprensibile che l’attenzione si concentri su di loro. Ma ciò non legittima alcuno a dimenticare che il cosmo penitenziario è composto da varie componenti tra le quali la polizia penitenziaria e gli operatori penitenziari che sono ultimi tra gli ultimi, considerate le condizioni in cui lavorano che si connotano per insalubrità e scarsa sicurezza”

Lei ha parlato di insalubrità e soprattutto scarsa sicurezza. Quali sono i rischi che corre ogni giorno un agente della penitenziaria?
“Intanto iniziamo a sfatare un luogo comune: l’agente penitenziario in sezione è disarmato. Meglio è armato del solo buon senso, della tolleranza, della capacità di osservazione, dello spirito di iniziativa. Generalmente le nostre postazioni nei luoghi di detenzione si sostanziano in una scrivania e una sedia, quasi sempre riciclate, collocate nei corridoi delle sezioni detentive. La vigilanza ai passeggi o sulle mura di cinta è assicurata in condizioni proibitive perché si è, quasi sempre, esposti ai fattori atmosferici. Per non parlare degli automezzi destinati al servizio traduzioni. Uno dei problemi fondamentali è la carenza di organico.

Di quanti nuovi agenti avrebbe bisogno la polizia penitenziaria?
“C’è chi intende far passare le nostre doglianza sulla penuria d’organico come un alibi. Allora è bene ricordare che nel 2000 quando furono decretate le piante organiche per un totale 44.406, i detenuti presenti erano circa 42mila e le unità di polizia penitenziaria erano 41500; oggi con 67mila detenuti e circa 20 nuovi istituti aperti le unità su cui disporre non superano le 37000. Non credo occorra dire altro”

Quali sono le realtà carcerarie, secondo voi, peggiori in Italia come strutture e sicurezza?
“Considerato che il patrimonio immobiliare dell’Amministrazione Penitenziaria è, per il 60%, risalente al 1900 e un 15% anche al 1800, si può immaginare quali siano le condizioni di degrado e decadenza dei nostri penitenziari. Fare una classifica del peggio è difficile ma credo che Bolzano, Lucca, Catania Bicocca, San Vittore, il Buoncammino di Cagliari, Lamezia Terme, Savona, Firenze Sollicciano e Roma Regina Coeli possano ambire ad essere collocate sul podio delle peggiori strutture”

Quali, invece, quelle che potrebbero essere considerate strutture all’avanguardia?

“Ovviamente i nuovi istituti e i nuovi padiglioni si collocano di diritto nelle posizioni di vertice ed è pleonastico farne l’elenco. Ma sul territorio vi sono diversi istituti, non molti in verità, in cui si coniugano condizioni di vivibilità, di sicurezza  e di attività pedagogiche destinate al recupero ed alla risocializzazione dei detenuti. Credo che, oggettivamente,   si possa indicare Milano Bollate come capofila delle esperienze positive”

La polizia lamenta anche una carenza di mezzi. In che modo siete  costretti a trasferire i detenuti?
“Il parco macchine è obsoleto e oberato da chilometraggi insostenibili. Circa il 65% dei mezzi ha una percorrenza superiore ai 300 mila km e circa l’85% degli automezzi effettua servizi senza aver effettuato o aver superato i previsti controlli di affidabilità, quindi in condizioni di illegalità. Se quei mezzi fossero in uso a privati cittadini sarebbero oggetto di immediato fermo amministrativo. Ciò, ovviamente, rappresenta un fattore di rischio notevole e concreto non solo per il personale ma anche per i detenuti e per tutti i cittadini. E se pensiamo che nel solo 2012 abbiamo svolto circa 200 mila traduzioni per una movimentazione complessiva di circa 380 mila detenuti si comprenderà bene cosa significa lavorare in condizioni di assoluta insicurezza”.

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Nadia Francalacci