Edilizia scolastica e digitalizzazione: i mali della scuola italiana
LUCA CASTELLANI/ANSA /KLD
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Edilizia scolastica e digitalizzazione: i mali della scuola italiana

Le pagelle al ministro del segretario nazionale della Cgil Scuola, Mimmo Panataleo

Comincia tra l’impasse di un concorso annunciato (quello dei professori), graduatorie impazzite e mancanti, come nel caso della Lombardia. Eppure ricomincia la scuola italiana, croce dei vari Pinocchio, palestra dei nostri Franti, i cattivi che Umberto Eco non poteva far altro che ammirare come simbolo del dissenso.
Ma la pagella alla scuola italiana chi la fa? In verità a farla alla fine è sempre l’Ocse, e a sentire l’alunno “scuola italiana” si applica poco ed è pure svogliato. Così i problemi rimangono sul tavolo, anzi sul banco. Sara vero o si tratta solo della pedanteria degli analisti? “E no! Purtroppo i problemi rimangono, anzi”, dice Mimmo Panataleo, segretario nazionale della Cgil scuola.
E tra i problemi, quello endemico rimane l’edilizia scolastica. A confermarlo è pure uno studio di Cittadinanzattiva che fa sapere come su 3 scuole su 4, manca la certificazione e soprattutto al sud: “La manutenzione ordinaria è diventata un lusso per pochi, le aule sono sovraffollate in un terzo dei casi. Non vorremmo rovinare la festa per l’inizio dell’anno scolastico a quasi 9 milioni di studenti e alle loro famiglie, ma anche quest’anno siamo qui a ricordare che almeno un terzo delle nostre scuole è insicuro, soprattutto nel sud del Paese”, fa sapere Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale della Scuola di Cittadinanzattiva.
Per non parlare degli investimenti, una spesa che continua diminuire. “Non solo diminuiscono le risorse, ma non si sa come investirle. Anche per quanto riguarda l’edilizia scolastica – spiega sempre Pantaleo – oltre alla sicurezza rimane un problema di apprendimento. Non ha ragione di essere una classe con 32 studenti, con impianti elettrici obsoleti e in alcune scuole perfino il problema dell’amianto”.
Se si volesse fare quindi una piccolo glossario dei malanni della nostra scuola, si può cominciare dall’edilizia e passare alla didattica. Programmi che devono mutare, adeguarsi ai cambiamenti dell’industria, dato che la scuola è un pezzo della formazione. Ciò si traduce in una scuola che faccia meno ore frontali e più in laboratorio e che formi i docenti. Anche la digitalizzazione rimane purtroppo al palo, pochi tablet e le pagelle online in molte scuole sono solo un’aspirazione. A parte rimane il nodo concorso che dovrebbe immettere forze fresche e giovani nelle scuole, ma che rischia di far rimanere fermi i precari storici della scuola.
"Giusto far entrare i giovani, ma con 180 mila precari come si fa? Non possiamo avere una fabbrica di precari. Questa del ministro è un’operazione sballata e la confusione a cui si è assistito in Lombardia lo conferma, ne è il segno dell’incapacità".
Ma per Pantaleo, fondamentale rimane il ruolo sociale degli insegnanti che passa anche da un riconoscimento economico. Ad oggi i salari rimangono i più bassi d’Europa. E confusa è pure l’immissione del personale Ata che adesso viene reclutato tra quei professori che per malattie accertate sono esonerati dall’insegnamento. «Sarebbe una vera riconversione che non fa bene alla scuola. Un declassamento. Un docente non ha una preparazione per fare il tecnico amministrativo».
Insomma che voto dare al ministro Francesco Profumo? "Largamente insufficiente,  – ammonisce il segretario della Cgil scuola – anche se finora è stato più aperto al dialogo rispetto ai suoi predecessori. Purtroppo negli ultimi mesi si sta assistendo a una sorta di commissariamento delle decisioni da parte del ministero economico sul Miur. Che dire dunque, insufficiente. Non si concentra sui problemi veri".
Ma adesso la campanella suona. Tutti in classe.
 

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Carmelo Caruso