Perché a Bologna una coppia gay non ha potuto adottare
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Perché a Bologna una coppia gay non ha potuto adottare

Due donne sposate a New York sono diventate madri entrambe con fondazione eterologa. Ma a complicare tutto in Italia è la presenza di un fratello

Negli States sono una coppia da anni e da dieci sono diventate entrambe madri con la fecondazione eterologa da donatore anonimo. Poco dopo le nascite di una bimba e di un bimbo, ciascuna ha ottenuto l'adozione del figlio dell'altra, con sentenze di tribunali americani che hanno attribuito ad entrambe le madri le responsabilità genitoriali.

Dal 2013 a una di loro, insegnante universitaria, è stata riconosciuta la cittadinanza italiana per discendenza. La professoressa, dunque, ha deciso di dare una svolta alla sua vita e di prendere la residenza a Bologna dove si è trasferita con il nucleo familiare.

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E fin qui tutto regolare. Nessun problema, nessun ostacolo burocratico. I problemi per la coppia gay sono iniziati quando la donna ha presentato la domanda per il riconoscimento dell’adozione anche nel nostro Paese, presso il Tribunale dei Minori chiedendo che venga riconosciuta anche in Italia l'adozione della figlia della moglie, come precedentemente fatto dal tribunale statunitense.

Ma l'istruttoria al tribunale dei Minori dell’Emilia Romagna si è conclusa con il parere negativo già depositato della Procura, dove si sottolinea come un accoglimento sarebbe contrario alla legge italiana.

Le due donne sono legalmente sposate ormai da circa un anno negli Usa e, prima del matrimonio, per moltissimi anni sono state legate da una "domestic partnership" ovvero un'unione civile.

Avvocato Claudio Pezzi, legale dell’insegnante ed esperto di diritto internazionale, questo caso appare simile a quello recentemente gestito dal tribunale di Roma, dove è stata dichiarata legittima e riconoscibile l'adozione straniera di una minore. Dunque che cosa cambia per questa coppia?
La differenza tra i due casi è senz'altro la presenza di un fratello, anch'esso minore. Questa ulteriore relazione familiare, se riguardata, come deve essere, dal punto di vista dell'interesse del minoreimpone la tutela di un diritto sancito dalla Convenzione CEDU, ovvero quella delle relazioni familiari caratterizzate da stabilità.

Lei ha presentato ricorso. Su quali presupposti?
La domanda attuale della ricorrente, che è espressa anche nell'interesse della minore, si fonda sulla esigenza di tutelare il diritto alla vita familiare della figlia, che dalla nascita vive una situazione caratterizzata dalla stabilità di relazioni affettive familiari in un rapporto di filiazione con entrambi le madri (la madre biologica e la madre adottiva) e nella relazione con il fratello, di pochi mesi più giovane. Resta sullo sfondo, invece, il vincolo matrimoniale che la ricorrente ha contratto negli U.S.A. con la convivente, in quanto il suddetto vincolo matrimoniale, seppur presente e degno di attenzione ai fini della valutazione della stabilità di una relazione familiare, è secondario al fine di valutare l'interesse della minore al riconoscimento del provvedimento straniero di adozione e quindi del proprio status di figlia della madre adottiva. Ci riferiremo più avanti alla relazione tra la signora A e la signora B, poiché è sicuramente meritevole di considerazione il fatto che il matrimonio tra omosessuali celebrato all'estero, benché privo nel nostro ordinamento di un esplicito riconoscimento normativo e quindi di una trascrivibilità, goda comunque di una protezione nella riconosciuta esigenza di tutela dei diritti delle coppie same-sex coniugate all'estero.

Se non dovesse essere accettata, quali diritti verrebbero lesi ai due fratellini?
Una incomprensibile disparità nello status familiare rispetto al fratellino e nei confronti dei diritti connessi alla status di figlia di cittadina italiana, ovvero il diritto di cittadinanza "europea", con riflessi sulla libertà di movimento e di stabilimento futuro nel lavoro.

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Nadia Francalacci