Cogne, Franzoni resta a casa, la giustizia ha vinto
GIORGIO BENVENUTI/ANSA
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Cogne, Franzoni resta a casa, la giustizia ha vinto

Il tribunale di Sorveglianza proroga gli arresti domiciliari, Annamaria rimane con i figli e il marito, uomo e compagno straordinario

Annamaria Franzoni è stata condannata a 16 anni di carcere per l’assassinio del figlio Samuele, avvenuto a Cogne nel gennaio 2002. L’indulto le ha accorciato la pena di 3 anni. Ha già scontato 6 anni e 11 mesi, ai quali vanno sommati altri 22 mesi di liberazione anticipata.

Dopo aver usufruito del lavoro esterno al carcere in una cooperativa sociale, e dei permessi premio per andare a trovare la sua famiglia che vive nell’Appennino bolognese, dallo scorso anno Franzoni si trova agli arresti domiciliari all’interno della sua casa con il marito e i figli. Dove rimarrà fino alla fine della pena, prevista per luglio del 2019.

Lo ha deciso il tribunale di sorveglianza che, con una interpretazione dell’articolo 47 dell’ordinamento penitenziario, le ha prorogato la possibilità di stare accanto al figlio anche se questi ha compiuto i 10 anni di età.

Annamaria Franzoni rimane a casa, dunque, con buona pace di tutti coloro che speravano venisse dimenticata in carcere. Finalmente per lei una giustizia che ha mostrato grande umanità e verso la quale non si può che esprimere approvazione. Se il fine della pena è quello di rieducare e reinserire il condannato in società, non ci sono dubbi che questo obiettivo possa essere perseguito più facilmente se la donna passerà questi anni all’interno di quell’ambiente familiare che i giudici hanno definito “coeso”.

E qui il pensiero non può che andare al marito, Stefano Lorenzi, figura eccezionale in questa triste vicenda. Il suo bambino è stato ammazzato brutalmente, la giustizia ha incolpato sua moglie, la mamma di suo figlio. Lui ha accettato in silenzio le decisioni dei giudici, e come un capobranco si è preso cura dell’altro figlio rimasto e della stessa moglie. Nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, in questo caso perfino nell’atrocità: Stefano Lorenzi si è preso cura della sua donna, l’ha aspettata, non l’ha mai abbandonata e alla fine l’ha riaccolta tra le sue braccia. Di fronte al comportamento di quest’uomo si può restare inorriditi, ma ci si può anche togliere il cappello.

Potrebbe rifarlo, sostengono i detrattori e alcuni periti che si sono occupati del caso. Potrebbe uccidere ancora. Certo, tutto è possibile nella vita, soprattutto quando ci si trova di fronte a quell’inaccessibile scatola che è la mente umana. Ma alla luce di come si sono svolti i fatti dentro quella villetta di Cogne, la domanda è legittima: potrebbe rifare cosa? Uccidere gli altri due figli grandi? Andare in giro al parco per ammazzare i bambini degli altri? Non scherziamo e smettiamo una volta per tutte di valutare la pena dal punto di vista quantitativo, fregandocene della qualità della vita passata dietro le sbarre e dell’efficacia dell’azione riabilitativa. 

Annamaria Franzoni ha ucciso il suo bambino. Annamaria Franzoni ha perso il suo bambino. Contro una mamma che uccide non bisogna consumare vendette, ma lasciare che paghi il conto con la giustizia e rispettare in silenzio il suo dolore.

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Carmelo Abbate