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Perché per cambiare sesso all'anagrafe non è necessario l'intervento chirurgico

La sentenza della Consulta è in coerenza con i supremi valori della Costituzione, sottolinea l'associazione radicale "Certi Diritti"

Il cambio di sesso all'anagrafe è legittimo anche senza sottoporsi all'intervento chirurgico. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con una sentenza depositata ieri, che ha giudicato infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Trento sulla legge (la 164 del 1982) relativa alla rettificazione di anagrafico del sesso.

Il ricorso faceva leva su un'interpretazione secondo cui la norma subordinava la rettificazione di attribuzione di sesso alla modificazione dei caratteri sessuali della persona attraverso intervento chirurgico.

Ma in realtà - spiega la sentenza della Consulta, redatta dal giudice Giuliano Amato - la mancanza di un riferimento testuale esplicito, nel testo normativo, alle modalità (chirurgiche, ormonali, ovvero conseguenti ad una situazione congenita), attraverso cui si realizza la modificazione, "porta ad escludere la necessitàò, ai fini dell'accesso al percorso giudiziale di rettificazione anagrafica, del trattamento chirurgico".

I diritti della persona
La sentenza si richiama ai "diritti della persona ai quali il legislatore italiano, con l'intervento legislativo in esame, ha voluto fornire riconoscimento e garanzia". La protagonista alla base della vicenda esaminata dal Tribunale di Trento e rimessa alla Corte Costituzionale è una donna che non ha figli, non è sposata e ha dichiarato di aver percepito, sin da bambina, un'identità di genere maschile, lamentando "frustrazione e disagio", dovuti al fatto che nei documenti di identità risultava donna.

La Corte di Cassazione
La sentenza della Corte Costituzionale fa riferimento anche a una recente sentenza della Cassazione che a luglio ha esaminato il caso di una persona transessuale che era stata autorizzata all'intervento chirurgico e vi ha poi rinunciato, ma chiedeva comunque la rettificazione dello stato civile e si e' vista rigettare il ricorso. La Cassazione invece le ha dato ragione e ha stabilito che per ottenere il cambio di sesso all'anagrafe, l'intervento chirurgico di adeguamento degli organi sessuali non è obbligatorio.

Certi diritti
"La Corte costituzionale, con sentenza n. 221/2015 depositata ieri ha statuito che per la rettificazione degli atti anagrafici non è necessario l'intervento di adeguamento degli organi riproduttivi o la sterilizzazione chirurgica della persona transessuale", lo sottolinea una nota dell'associazione radicale 'Certi diritti'.

Scelta del singolo
La Consulta infatti - prosegue la nota - ha affermato "l'esclusione del carattere necessario dell'intervento chirurgico ai fini della rettificazione anagrafica appare il corollario di un'impostazione che, in coerenza con supremi valori costituzionali, rimette al singolo la scelta delle modalità attraverso le quali realizzare, con l'assistenza del medico e di altri specialisti, il proprio percorso di transizione, il quale deve comunque riguardare gli aspetti psicologici, comportamentali e fisici che concorrono a comporre l'identità di genere".

Il miglior risultato possibile
"Si tratta del miglior risultato che ci potevamo attendere", ha commentato l'avvocato Alexander Schuster, difensore delle tre persone trans che sono protagoniste di altrettanti giudizi pendenti avanti la Corte costituzionale.

La Consulta garantisce un diritto
Ad avviso dell'avvocato Massimo Clara, che ha steso la memoria presentata da 'Certi diritti', "la Consulta, ancora una volta, garantisce un diritto: per la rettifica del sesso l'intervento chirurgico non è necessario, ma è solo un mezzo, se lo si ritiene, per il miglior benessere psicofisico della persona. Con la sentenza 221 si riconosce il diritto di ogni cittadino di scegliere per se' il procedimento medico ritenuto opportuno; e si conferma che l'attribuzione di sesso non dipende dalle caratteristiche 'fisiche', ma al contrario dall'autoriconoscimento della persona".

Diritto all'identità di genere
Per Yuri Guaiana, segretario di 'Certi Diritti', "nel giorno di apertura del nostro IX Congresso ad Arezzo siamo felicissimi di poter festeggiare questo successo della nostra strategia: la Consulta dice finalmente una parole definitiva che supera le sentenze contraddittorie dei vari tribunali italiani (Roma, Rovereto, Siena e Napoli interpretavano già la legge 164 del 1982 nel senso di non considerare obbligatorio alcun intervento chirurgico, mentre altre Corti, tra cui Vercelli e Bologna, andavano nella direzione opposta) e ristabilisce un minimo di certezza del diritto su un tema così fondamentale come il diritto all'identità di genere".

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