Slayer: Il boom di "Repentless" e quel paragone con i Kiss... - Intervista
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Slayer: Il boom di "Repentless" e quel paragone con i Kiss... - Intervista

Abbiamo incontrato Kerry King nel backstage dell'Alcatraz poco prima dell'incendiario show milanese

Kerry King, barba sciolta e senza gli occhiali da sole che generalmente indossa sempre fuori dal palco, sta sfogliando una rivista di tatuaggi nel camerino dell'Alcatraz di Milano.

Panorama: stai cercando nuove idee?
Kerry King: No, l'ha lasciata qui l'altro giornalista e stavo giusto dando un'occhiata. Per il momento sono a posto…

P: Come mai senza occhiali?
KK: Li ho appoggiati da qualche parte e sono spariti. Salteranno fuori prossimamente su Ebay! [ride]

P: Repentless è il vostro disco di maggior successo nelle classifiche di sempre, con apparizioni nelle Top Ten di una ventina di paesi. La cosa ti ha sorpreso dopo ciò che un'enormità di fans ha espresso, ossia che senza Jeff [Hanneman, il chitarrista fondatore della band morto nel 2013] non potevano più esistere gli Slayer?
KK: Assolutamente! Sapevo che avevamo per le mani un buon disco e, devo dire, siccome prima di tutto sono un fan, un fan che suona musica degli Slayer, sapevo che era ottimo materiale, ma questo non vuol dire che la gente sarebbe corsa fuori di casa per comprare il disco. Quindi si, il successo di Repentless ci ha colti tutti di sorpresa, addirittura numero 2 a livello mondiale.

P: E al primo posto in Germania!
KK: Io e Tom eravamo proprio li quando è stato annunciato, stavamo morendo! È stato veramente bello anche per la Nuclear Blast [attuale etichetta della band], perché ci hanno lavorato molto, anzi, devo dire che sono più felice per loro di quanto lo sia per me stesso.

Un walkie-talkie nel corridoio fa un rumore gracchiante e Kerry si alza, apre la porta e chiede di abbassarlo, dopo di che si risiede e commenta "Come non ci fosse già abbastanza rumore!"
P: So che è troppo presto, ma considerando questo successo e il fatto che Paul [Bostaph, il batterista] ha affermato che questa volta è nella band per restarci, pensi che continuerete ancora dopo il tour? Hai altra musica in te che vuoi suonare con gli Slayer?
KK: Certamente! Non era molto chiaro prima e durante le registrazioni, con tutto quello che era successo dopo World Painted Blood, e forse non è ancora completamente chiaro ora, perché non so cosa ha in mente Tom. Però dopo le session per Repentless ci siamo ritrovati con una quantità di pezzi in più di quelli che sono finiti sul disco, e non era mai successo prima. Si tratta di sette o otto brani che abbiamo già registrato, basso, batteria e chitarre, quindi, se non decideremo di cambiarle, devo solo scrivere i testi e buttare giù qualche assolo. Se decideremo di cambiarle le registreremo da capo, ma l'idea di ognuna è già ben consolidata. Detto questo, il futuro sembra roseo e, se faremo un altro disco, di sicuro non ci vorranno altri sei anni!

P: Ci possiamo aspettare qualche input da parte di Gary [Holt, chitarrista e fondatore degli Exodus, i padrini del Bay Area Thrash]?
KK: Non lo so, ma sono assolutamente aperto al riguardo. Non ne ho parlato ancora ne con lui ne con Tom, quindi è un qualcosa che vedremo al momento. Sarebbe grande, e per Gary sarebbe una figata avere una parte maggiore nella scrittura del disco, quindi vedremo come andrà. Ripeto, io sono assolutamente positivo al riguardo.

P: Credo che ai fan piacerebbe molto vedere cosa potrebbe inventarsi al di fuori degli Exodus.
KK: Ora che Repentless è uscito, possiamo finalmente fare quello che vogliamo. Questo disco è stato un po' complesso da portare a termine perché i fan si aspettavano qualcosa di simile a quello che gli Slayer hanno fatto finora assieme a Jeff, quindi non potevamo allargarci troppo. Ora che è fuori, credo che il prossimo disco, se lo faremo, per noi sarà meno difficile da comporre e suonare.

P: Repentless è il vostro primo disco con Terry Date come produttore. Come lo avete scelto e come vi siete trovati con lui?
KK: Benissimo, e la cosa strana è che non lo avevo mai incontrato prima. Uno sarebbe portato a pensare che ci eravamo frequentati precedentemente grazie ai Pantera, che sono ottimi amici, ma la verità è che ho conosciuto Terry solo l'anno scorso. E' stato divertente lavorare con lui… non so se ti è capitato di vedere delle foto in studio, ma avevamo un piccolo "angolo tequila" dal quale cominciavo a servirmi se una parte non mi veniva giusta. Non lo facevo fino al punto di essere sbronzo altrimenti non sarei riuscito a registrare, ma qualche volta anche lui è entrato in studio, si è buttato giù uno shot e poi è tornato al mixer. Si, ci siamo divertiti.

P: Come sono cambiate le dinamiche della band da quando è subentrato Gary? E in che modo è cambiata l'interazione sul palco tra voi chitarristi?
KK: Non credo che sia cambiata in alcun modo, sono solo due persone differenti. Gary è il mio più vecchio amico nel music-business, ci siamo incontrati nel 1983/84, e abbiamo fatto la stessa strada assieme, anche se gli Slayer hanno avuto più successo degli Exodus, abbiamo comunque fatto musica per tutti questi anni, e lui ha tutta la credibilità di questo mondo. La prima volta che l'ho contattato per fare qualcosa insieme è stato nel 2010 mentre ero in Europa. Ci siamo scambiati un po' di sms e a un certo punto gli ho chiesto "Ma se decidessi di combinare qualcosa per i fatti miei saresti interessato?". E' una domanda difficile da fare, mi ha fatto tornare ai tempi del liceo, quando vuoi chiedere a una ragazza se le va di uscire con te una sera e se lei ti dice di no poi ti dai dello stronzo, "cazzo, ho fatto un casino!". 
Ricordo invece che le sue esatte parole sono state "Ero già pronto a risponderti in caso me l'avessi mai chiesto, quindi dammi uno squillo quando accadrà!", perciò ce l'avevo già in tasca per fare qualsiasi cosa. Non mollare gli Slayer, naturalmente, ma fare qualcosa d'altro.
 A gennaio dell'anno dopo invece Jeff è stato morso dal ragno, quindi ho richiamato Gary e mi sono sentito allo stesso modo, bello agitato: "Senti, avrei un'altra cosetta da chiederti…" [ride] ed è saltato a bordo immediatamente. È stato la mia prima scelta, ne ho parlato con Tom e gli ho detto "Se vogliamo continuare, questa è la nostra migliore possibilità", e da allora è stato con noi ed è stato divertente. Chiaro, tutta la cosa è nata da circostanze tragiche, ma bisogna andare avanti e cercare di godersi il tempo che abbiamo.

P: Repentless, il brano, parla chiaramente di Jeff. È lo stesso anche per Chasing Death? Te lo chiedo perché quando ho scritto un tributo su di lui, poche ore dopo la sua morte e prima che la causa fosse resa ufficiale, dicendo che era morto per cause correlate all'alcool e non solo per il morso del ragno, sono stato massacrato dai fan che sembrava non potessero accettare il fatto che il motivo della sua morte era ciò che si era fatto da solo negli anni.
KK: Chasing Death parla in parte di Jeff e in parte del mio tecnico, Armand Crump, che è morto circa un anno prima. Aveva 30 anni e nessuno se lo sarebbe aspettato. Non aveva una vera dipendenza, ma a volte prendeva pillole a livello ricreativo: l'ho scoperto dopo, non me n'ero mai accorto, ma un giorno non si è risvegliato. E' stata una tragedia, ma mi rendo conto che a 51 anni sto andando a più funerali che matrimoni, e Chasing Death è stato il mio modo di affrontare la cosa.

Il walkie-talkie di prima fa un rumore ancora più forte, Kerry si rialza, riapre la porta e urla imperiosamente a un tecnico. Il rumore sparisce definitivamente…
P: Questa non è la prima volta che andate in tour con gli Anthrax. È una cosa messa assieme da etichette e promoter o vi trovate davvero bene insieme?
KK: Mi piace un casino andare in tour con loro, ma quando la cosa è stata menzionata ho avuto dei dubbi perché l'avevamo già fatto un milione di volte. A me piace andare avanti, non ripetere cose già fatte e provarne di nuove, ma poi arrivi al punto in cui sei già stato in tour con chiunque e quindi ti ritrovi a ricominciare il giro. Al promoter l'idea piaceva, quindi ci siamo detti "perché no?": ci troviamo bene assieme, non ci sono mai problemi, tutti i nostri tecnici lavorano bene insieme. La cosa migliore che ti possa capitare è di andare in giro con un altro gruppo che funziona come il tuo: loro sono tipi tranquilli e non ci sono ego fuori controllo, inoltre suonano alla grande e fanno un ottimo show. Raramente riesco a vederli perché spesso sono qui nei camerini a occuparmi della stampa, ma quando suonano si sentono dovunque nel locale e hanno dei pezzi che catturano sempre la mia attenzione.

P: Ho letto un commento a una tua intervista online in cui un lettore ti definiva "il Gene Simmons del thrash metal", in riferimento al portare avanti gli Slayer senza Jeff e Dave [Lombardo] in nome del business. Ti riconosci in questa descrizione o no?
KK: La gente ha varie opinioni su Gene Simmons, buone o cattive, ma alla fine lui è una storia di successo, quindi direi che quel commento è un complimento. Io non farò mai uno show TV come ha fatto lui perché non è nelle mie corde, ma i Kiss sono uno dei gruppi di maggior successo di sempre. Gli Slayer non ci si avvicineranno mai, ma quello è decisamente un complimento. Grazie! [ride]

P: Probabilmente non era proprio quello che intendeva il commentatore! Ma intanto che siamo in tema Kiss, chi è la mente dietro al merchandise della band? In questi giorni di streaming e downloading, con il crollo verticale delle vendite di dischi, magliette e accessori sono una grossa fonte di incassi per ogni band, ma ornamenti e maglioni di lana natalizi sembrano una scelta perlomeno peculiare per voi.
KK: Ahahah! La prima volta che qualcuno ha menzionato il maglione natalizio sono stato molto contrario: io lo trovavo ridicolo, mentre Tom l'adorava. Evidentemente siamo arrivati ad essere una band in qualche modo iconica, quindi c'è gente che vuole roba pacchiana di quel genere. Ogni anno che riproponiamo un maglione natalizio va esaurito ancora prima di metterlo in produzione, ed ogni volta non posso fare a meno di pensare "cazzo, non ci posso credere", ma se lo vogliono perché non farlo, a meno che sia una cosa di cattivo gusto.

P: Come certe bare…
KK: Si, le famose bare dei Kiss.

P: Voi bevete il vino [Cabernet Sauvignon californiano] e la birra [red ale svedese] brandizzati Slayer?
KK: Sai cosa, quelli sono due prodotti che io proprio non bevo. Non bevo vino, solo vodka, tequila e Jaegermeister, quindi una volta ho buttato li "perché non facciamo una vodka?", ma c'è già quella dei Motörhead e non ne abbiamo fatto niente. Il mercato è già supersaturo, e anche se i fan la comprerebbero lo stesso non è detto che sia obbligatorio farla. Comunque ho sentito che sia il vino che la birra sono buoni: mi attengo al parere altrui, perché non ho metri di paragone, quindi per me potrebbero essere eccellenti o una schifezza ma non saprei distinguere.

P: Cosa è successo a KFK Industries/Ministries, la tua linea di abbigliamento? L'hai messa da parte, è in ibernazione, ci lavori nel tempo libero?
KK: È tutto fermo. Ci sono stati degli screzi con la distribuzione, quelli che si occupavano fisicamente di impacchettare e spedire la merce e quindi mi sono ripreso tutto indietro e l'ho messo in un deposito. Sono un bel po' di scatole.
 Ho parlato con quelli che si occupano del nostro merchandise ma poi ho pensato che, uno, non voglio sottrarre nulla agli Slayer e, due, mi sembrava strano. Cioè, è tutta roba che ho fatto io, ma usare gli stessi canali della band non mi sembrava la cosa giusta da fare. Adesso vesto cose di Metal Mulisha ed ho parlato un po' con loro a riguardo di una possibile distribuzione di KFK, ma è tutto ancora per aria. Forse quando appenderemo gli Slayer al chiodo…

P: Per finire, hai qualche altro sbocco creativo oltre agli Slayer, tipo la cosa che avevi menzionato a Gary?
KK: No, direi di no. Gli Slayer riempiono già abbastanza le mie giornate.

La recensione del live

SLAYER - Milano Alcatraz, 5 novembre 2015

Gli Slayer, quando sono in bolla (all'ultimo concerto all'Alcatraz nel 2013 non lo erano: sembravano quattro impiegati del metal impegnati a coverizzare se stessi, ma tra la perdita di Jeff e l'allontanamento di Dave era anche comprensibile) sono un totale più alto della somma delle singole parti: questo per dire che, anche per uno che li ha visti nella formazione originale a partire dal 1987, quando iniziano a menare non lasciano scampo. Anche perché il sostituto di Jeff non è proprio l'ultimo arrivato, anzi… Gary Holt degli Exodus è il primo arrivato, il padrino del Bay Area Thrash, e non avrebbe potuto esserci scelta migliore. Paul Bostaph, dal canto suo, non ha il genio e sregolatezza di Dave Lombardo, ma è comunque una macchina che pesta sodo e preciso.


L'intro dell'ultima fatica discografica della band risuona sul palco nascosto dietro a un telo e, quando questo cade rivelando i quattro, parte subito la mazzata in faccia della title-track "Repentless". In transenna la pressione è forte, e un po' alla volta iniziano ad arrivare i primi stage-divers sulle teste di chi ha scelto di stare nelle prime file di un Alcatraz bello pieno. La prima parte dello show è basata principalmente su brani dei lavori più recenti, da "World Painted Blood", "God Hates Us All" e "Repentless", eseguiti con la consueta violenza e perizia: King e Holt macinano riff e soli deliranti con una compattezza che si spiega solo con la mutua conoscenza da quando erano ragazzi che frequentavano gli stessi locali della Bay Area assistendo ai concerti gli uni degli altri. Tom Araya non sta tanto a perdere tempo a presentare i pezzi, ma quando lo fa se la prende comoda ad osservare la bolgia furente sotto il palco, sfoggiando il suo ghigno soddisfatto.
 "Mandatory Suicide" invece da il via a un quasi "best of" ("quasi" perché sarebbero troppi i pezzi da includere dai primi quattro album) che arriva fino al debut-album e al seguente EP con il capolavoro "Chemical Warfare": il pit è un turbine inarrestabile in cui in centinaia si massacrano senza sosta sotto i colpi letali delle note di classicissimi come "Seasons in the Abyss", "Hell Awaits" e "Dead Skin Mask", durante le quali sembra di stare in un aeroporto umano, con gente che vola dovunque.

Le prime file vengono compresse come vecchie auto in un compattatore e Tom invita tutti a fare qualche passo indietro ma, come insegna la fisica, ad un'azione c'è sempre una reazione e dopo un attimo di respiro arriva la nuova ondata e a mazzi vengono estratti dalla security. 
L'aggiunta del letale trittico finale "South of Heaven/Raining Blood/Angel of Death", senza bisogno di finte uscite che rilasserebbero l'atmosfera, non fa altro che intensificare la temperatura del calderone portandola a vette infernali, durante le quali il massacro collettivo si allarga freneticamente grazie alla brutalità e velocità dei brani.
A questo punto la band ringrazia e se ne va, promettendo di ritornare presto. E, come sempre, saremo li ad aspettarli per farci ridurre in poltiglia.

Set-list:
Delusions of Saviour 
Repentless 
Postmortem 
Hate Worldwide 
Disciple 
God Send Death 
War Ensemble 
When the Stillness Comes 
Vices 
Mandatory Suicide 
Chemical Warfare 
Die by the Sword 
Black Magic 
Implode 
Seasons in the Abyss 
Hell Awaits 
Dead Skin Mask 
World Painted Blood 
South of Heaven 
Raining Blood 
Angel of Death.

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Enrico Salvini