Ryan Adams, Prisoner: un tuffo negli anni Ottanta - Recensione
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Ryan Adams, Prisoner: un tuffo negli anni Ottanta - Recensione

Bruce Spingsteen, i Replacements e Tom Petty sono la stella polare delle nuove canzoni di uno dei migliori songwriter in circolazione

Ha 42 anni e sedici dischi alle spalle Ryan Adams, chitarrista, vocalist e songwriter di grandissimo talento. Nella sua carriera non tutti gli album sono stati indimenticabili, ma Prisoner è sicuramente da annoverare tra le sue prove migliori.

Il sound è in presa diretta con l'arena rock degli anni Ottanta. Tra brani potenti e strong ballad di grande efficacia melodica. Nel disco, pervaso di malinconia, si avverte il mood plumbeo dovuto alla separazione da Mandy Moore dopo sei anni di matrimonio.

Non è difficile individuare tra le canzoni l'eco di Bruce Springsteen, quello di Tunnel of love, di John Mellencamp, dei Replacements e, a tratti, persino degli Smiths.

Do you still love me? ha il piglio rock degli 80's (difficile non ricordare gli stacchi di Eye of the Tiger dei Survivor) e già da ora si candida ad essere una delle canzoni cult dell'anno appena iniziato. Una perla che richiama le grandi hit del suo quasi omonimo Bryan Adams.

Nel segno del country rock To be without you, mentre Doomsday guarda verso il Boss. Tra i brani meglio riusciti, anche Outbound train e Haunted House.

Universal
La cover di Prisoner

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Gianni Poglio