John Coltrane, 50 anni senza: i 3 album indimenticabili
Roberto Polillo
Musica

John Coltrane, 50 anni senza: i 3 album indimenticabili

Il grande sassofonista americano è morto di cancro al fegato il 17 luglio 1967, lasciandoci alcuni dei migliori album jazz di sempre.

"Penso che la cosa principale che un musicista debba fare sia dare all'ascoltatore un quadro delle tante cose meravigliose che conosce e sente nell'universo. Questo è ciò che la musica è per me: una delle maniere di dire che l'universo in cui viviamo, che ci è stato dato, è grande e bello".

Queste splendide parole di John Coltrane rilasciate a Down Beat suonano come il manifesto programmatico di uno dei più grandi sassofonisti di sempre, scomparso cinquant'anni fa, il 17 luglio 1967, a causa di un fulminante cancro al pancreas.

Insieme a Charlie Parker, Miles Davis e Thelonius Monk (gli ultimi due sono stati,nella seconda metà degli anni Cinquanta, i suoi maestri), Coltrane ha cambiato radicalmente non solo il volto del jazz moderno, ma anche del rock, che si è ampiamente ispirato negli anni Ottanta alle sue concezioni modali, al suo singolare misticismo e alla sua predilezione per le musiche orientali.

La sua musica, permeata di spiritualità e religiosità, era liberissima, irruenta, versatile, passionale ma, al tempo stesso, assorta, meditativa e ricca di lirismo.

I suoi lunghi e imprevedivili assoli esaltavano la sua caratteristica tecnica chiamata dal critico Ira Gitler "sheets of sound", fogli di suono, una sorta di flusso di coscienza in cui il suo sassofono sviscerava fino alle estreme possibilità un tema basando la sua improvvisazione, anziché su sequenze armoniche, sui modi, cioè su diversi tipi di scale, spesso ispirandosi ai raga indiani che si sviluppavano per linee orizzontali su un numero ridotto di accordi, a volte anche uno solo.

Coltrane rilanciò e inventò un nuovo modo di suonare il sax soprano, fino ad allora poco frequentato se si escludono Sidney Bechet, Steve Lacy e Barney Wilen, dandogli una nuova voce, la voce della sua anima, in un'ostinata ricerca degli angoli più remoti dell'ignoto.

Uno dei suoi tratti più caratteristici del sassofonista di Hamlet è l'alternanza tra il registro alto, quasi un grido disperato, e quello basso, emotivo e sensuale, con pochissimo vibrato.

La sua era una ricerca continua, sfibrante e totalizzante. "Si occupava di musica giorno e notte - ha dichiarato sua moglie, la pianista Alice Coltrane- Anche quando non stava facendo pratica sullo strumento, o componendo, pensava alla musica".

Vediamo insieme quali sono, tra i tanti, i suoi 3 album indimenticabili, consapevoli che sono solo una piccola parte della sua ricchissima eredità.

A love supreme (1964)

"Durante l'anno 1957 sperimentai, per grazia di Dio, un risveglio spirituale che doveva condurmi ad una vita più ricca, più piena, più produttiva. A quel tempo, per gratitudine, chiesi umilmente che mi venissero concessi i mezzi ed il privilegio di rendere felici gli altri attraverso la musica. Sento che ciò mi è stato accordato per Sua grazia. Ogni lode a Dio". Queste bellissime parole di John Coltrane scritte nelle note di copertina di A Love Supreme, uno dei primissimi concept album diviso in quattro parti, rivelavano la natura spirituale e religiosa del progetto, il vertice dell’arte di Trane coadiuvato da musicisti straordinari come Elvin Jones, Jimmy Garrison e McCoy Tyner. A Love Supreme è uno degli album jazz più amati e venduti di sempre, registrato per la Impulse! il 9 e il 10 dicembre 1964, che nasce dal desiderio intimo di religiosità suprema di un uomo che, fino a pochi anni prima, era divorato dall'alcool e dall'eroina. Il primo movimento, con il celebre riff di quattro note fa-la bemolle-fa-si bemolle, ripetutto con la cellula A-love-supreme, è l'inizio di una corsa verso l'Assoluto, un canto di lode a Dio, che alterna momenti di serena distensione ad altri di esasperata tensione, di straordinario impatto emotivo.

My favourite things (1960)

Il primo album con il quartetto perfetto insieme a Elvin Jones, Steve Davis e McCoy Tyner contiene appena quattro brani, tutti standard molto conosciuti come My favourite things, Everytime we say goodbye, Summertime e But not form me, ma trasformati in qualcosa di completamente nuovo e imprevedibile. La title track, uno dei brani più famosi della premiata ditta Rodgers & Hammerstein, viene completamente destrutturato dal punto di vista armonico e trasformato in tempo dispari, quasi un valzer, che conferisce al brano un edificante senso di mancanza di gravità. Dopo l'esposizione del tema nel primo minuto, la trama armonica si trasforma continuamente attraverso un'impervia strada modale con un andamento altalenante, quasi ipnotico, favorito dall'uso frequente di accordi aperti. My favourite things è stato l'album che, dopo le esperienze nelle band di Davis e Monk, ha imposto il sax di Coltrane, con un suono che in alcuni registri è simile all'oboe, all'attenzione del grande pubblico.

Ascension (1966)

Uno dei dischi più ostici della discografia di Coltrane, ma anche dei più interessanti dal punto di vista della ricerca sonora, dopo un periodo di intensi esperimenti sugli armonici e sugli intevalli microtonali. Ascension segnò la conversione del sassofonista di Hamlet all'estetica del free jazz, riprendendo e sviluppando l'esperienza fatta alcuni anni prima da Ornette Coleman. Una polifonia collettiva tesa e magmatica, in cui gli assoli, frutto di un'assoluta improvvisazione, sono raccordati fra loro da passaggi d'insieme preordinati, in un'alternanza tra momenti tonali e atonali che provoca nell'ascoltatore una sorta di ebrezza sonora. Ornette Coleman ha raccontato di un telegramma inviatogli allora da Coltrane, dopo l'incisione di Ascension, in cui lo ringraziava per la sua lezione musicale, allegandogli 30 dollari in segno di gratitudine.

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Gabriele Antonucci