Dal Rock En Seine cinque realtà musicali da conoscere
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Dal Rock En Seine cinque realtà musicali da conoscere

Al festival di indie rock, pop ed elettronica sulla riva della Senna abbiamo ascoltato e selezionato alcune interessanti band e voci ancora non troppo note in Italia

Si è appena conclusa a Parigi la decima edizione di Rock En Seine , la manifestazione di musica indie rock, pop ed elettronica sulla riva della Senna, precisamente all'interno del Domain De Saint Cloud, a due passi dal cuore della Ville Lumiere. Tre giorni, 60 band, 4 palchi, una ruota panoramica, l'affluenza record di 110.000 persone (di cui molti under 20), questi i numeri di un festival curato nei minimi dettagli (con particolare attenzione alla sicurezza) disseminato di bar à vin tipici francesi, chiringuitos, birrerie e ristoranti che proponevano ogni tipo di cucina, da quella thailandese, a quella etiope e, ovviamente, italiana.  
Oltre alle star già splendenti nell'olimpo del rock, i tre headliner Placebo, Green Day e Black Keys, la storica reunion dei Grandaddy, i finlandesi Sigur Ròs, i Temper Trap, il Rock En Seine ha proposto decine di interessanti realtà, più o meno conosciute in Italia, che abbiamo ascoltato e selezionato per voi.

Citizens!
Scoperto e poi prodotto da Alex Kapranos dei Franz Ferdinand, il quintetto di Londra è arrivato al successo con due singoli Reptile e True Romance, estratti dall'album d'esordio Here We Are uscito la scorsa primavera. Camicette floreali, jeans skinny e Ray-Ban d'ordinanza, i Citizens! si presentano così sul palco del Rock En Seine, e suonano per circa 45 minuti, giusto il tempo di presentare i loro brani e di far capire di che pasta sono fatti. Spocchia tipicamente british, movenze sincopate e un sound che spazia da Bowie agli Hot Chip. Glam pop o synth indie rock, le definizioni si sprecano, ma la band di Tom Burke si conferma una delle rivelazioni del 2012 che speriamo di ascoltare presto in Italia dal vivo.

Get Well Soon
Neanche la pioggia che si è abbattuta su Parigi (come da copione a ogni festival che si rispetti) ha distolto l'attenzione del pubblico da questo collettivo di origine tedesca, capitanato dal cantautore e polistrumentista Konstatin Gropper, accompagnato per l'occasione dall'Orchestre National D'Ile De France. Suoni epici, testi filosofeggianti, una voce quella di Gropper a metà strada tra Thom Yorke, Patrick Wolfe e un giovane Nick Cave.
I Get Well Soon sono romantici, maestosi e terribilmente visionari. Forse sarà per questo che tra i fan più accaniti della band compare il regista Wim Wenders, che nel 2008 li scelse per la colonna sonora del suo lungometraggio Palermo Shooting.

Bombay Bicycle Club
Sono circa le 5 del pomeriggio quando la band britannica raggiunge il centro del palco, timidi e sorridenti. Poche chiacchiere e subito le prime note di How Can You Swallow So Much Sleep, con il suo riff dolce definisce quello che sarà il tono della performance: una lenta camminata costellata di immagini e suggestioni che culminerà nel tramonto, anzi nell'ora che lo precede, quando nel cielo si avverte già grazie ai colori tenui spezzati dal fluo che il sole sta per lasciare la scena alla luna.
La musica dei Bombay Bicycle Club si sposa perfettamente con questo momento della giornata grazie al loro indie folk ingenuo ma trascinante, alle melodie dolci graffiate dalle chitarre distorte o rotte da una batteria digitale. Jack Steadman & Co pur essendo molto giovani hanno già realizzato tre album, l'ultimo A Different Kind Of Fix uscito l'anno scorso. Li aspettiamo.

Kimbra
I più la conosceranno per il singolo-tormentone Somebody That I Used To Know in duetto con Gotye, ma Kimbra è un'artista con una forte personalità e tanta voglia di affermarsi. Ventidue anni, minuta ma tutto pepe, la cantante neozelandese irrompe sulla scena in versione Chiquita 2.0, con body color carne e banane ricamate sul petto e mini gonna a ruota a stampa tropicale.
Caschetto bruno e rossetto rosso a disegnare una bocca che si spalanca ad ogni nota (quasi tutte alte). Balla, agita il tamburello e flirta con il pubblico, conquistato in particolare dal singolo Settle Down, suonato questa volta in versione afro. Un album di studio intitolato Vows che porterà in giro per il mondo in autunno, anche se purtroppo al momento non è prevista nessuna data in Italia.

Beach House
Lui si chiama Alex Scally e arriva da Baltimora. Lei Victoria Legrand, è francese, ed è la nipote del famoso compositore Michel Legrand. Il duo franco-americano non si mostra in volto sul palco, grandi fari li illuminano da dietro, ne disegnano le sagome e lasciano che sia la musica a parlare per loro.
Un organo onnipresente, una batteria secca, una chitarra ammaliante. Ma, sopra ogni cosa, la voce di Victoria (stretta in un blazer maschile e strutturato): roca, suadente, celestiale. I Beach House creano un inverso incredibilmente avvolgente, buio e luccicante al tempo stesso. Giunti al quarto disco con Bloom, dopo i precedenti Beach House, Devotion e Teen Dream, Alex e Victoria sono l'incarnazione del dream pop.

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Lavinia Francioli