Claude Debussy, fin de siècle a braccetto con la world music e la scienza per le strade di Parigi
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Claude Debussy, fin de siècle a braccetto con la world music e la scienza per le strade di Parigi

Centocinquant'anni dalla nascita del primo vero avanguardista musicale. Nella sua opera rispecchiò più di ogni altro la rivoluzione scientifica

È stato il primo vero avanguardista musicale, uno dei padri della musica moderna: un innovatore capace di mescolare linguaggi e fascinazioni.

È stato anche definito il musicista dei poeti e, suo malgrado, il capofila dell’impressionismo musicale. A centocinquant’anni dalla nascita (22 agosto 1862), Claude Debussy è ancora un musicista per orecchie raffinate, sebbene uno dei suoi pezzi più famosi (Clair de Lune) risuoni in diversi film, da Sette anni in Tibet, trillato da un carillon nelle mani del Dalai Lama, a Twilight.

Ma è anche e soprattutto l’esponente più rappresentativo della cultura francese della fin de siècle, che si preparava ad abbandonare le vecchie rappresentazioni del mondo e a inventarne di nuove, pronte per affrontare il Novecento.

Debussy era figlio della borghesia commerciale parigina: entrato bambino al Conservatorio, aveva vinto il prestigioso Prix de Rome a ventidue anni. Aveva cominciato a comporre giovanissimo, affascinato dalle atmosfere neoclassiche delle composizioni dei poeti parnassiani. E poi aveva continuato ispirandosi alla musica di Richard Wagner. Ma la vera svolta arrivò con l’Esposizione universale di Parigi del 1889, che si tenne da maggio a ottobre, nel centenario della presa della Bastiglia, nei giardini del Campo di Marte.

Fu lì che Debussy incontrò la musica giavanese: una musica completamente diversa da quella occidentale, basata su strumenti a percussione piuttosto che su quelli a corda. Una musica fatta di timbri cangianti, quelli delle campane tubulari e dei vasi di bronzo delle orchestre delle isole indonesiane, che davano vita a melodie, basate su scale completamente diverse dalle nostre: "Se ascoltiamo senza pregiudizi europei il fascino della loro percussione – scrisse alla Société Internationale de Musique – dobbiamo ammettere che la nostra è solo il rozzo rumore di un circo da fiera".

Era la world music prima della world music, quando per conoscere la musica etnica dovevi metterti la bombetta e passeggiare all’ombra della, appena costruita, torre Eiffel. E poi finivi a studiare le scale esafoniche dei gamelan giavanesi e il loro modo di comporle in melodie per pianoforte.

"Era anche l’inizio dell’uso dell’elettricità nelle città ed erano gli anni della scoperta dei raggi X che permettevano di vedere nella materia solida. – spiega il fisico Carlo Andrea Rozzi, del Cnr di Modena, e musicista – Era un periodo di ottimismo positivista, ed era anche l’inizio della meccanica quantistica: un insieme di regole completamente nuove per il mondo microscopico. Nasceva insomma in quegli anni una separazione tra mondo macroscopico, visibile, e quello microscopico, più complesso, dai contorni meno definiti». Indefinitezza che si rispecchiava anche nell’arte e che nella musica di Debussy si può leggere nei molti richiami all’acqua.

La fin de siècle, però, si concluse con la Prima Guerra Mondiale, e Debussy morì (25 marzo 1918) in una Parigi minacciata dall’esercito tedesco, otto mesi prima della fine del conflitto.

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Silvia Bencivelli