Aruan Ortiz, il jazzista che s'ispira a Cuba
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Musica

Aruan Ortiz, il jazzista che s'ispira a Cuba

Intervista a uno dei protagonisti del jazz d'avanguardia americano. Nato nell'isola caraibica, ma residente a Brooklyn

HIDDEN VOICES è il nuovo disco di Aruan Ortiz, pianista di Santiago de Cuba, ma che da anni vive a New York nell'area di Brooklyn. Fortemente influenzato sia dalle sue radici latine sia dalla musica di Monk e Ornette Coleman, l’astro nascente del jazz d’avanguardia americano è discepolo diretto di Muhal Richard Abrams da cui ha imparato ad ispirarsi dalla filosofia e dall’arte. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui.

1) Quali sono le "voci nascoste" da cui trai ispirazione?
Le ‘Hidden Voices’ sono i miei amici, mentori e maestri che hanno nutrito la mia sete di conoscenza ma lo sono anche le energie che si sono catalizzate negli anni della mia formazione a Santiago de Cuba ed ora sono fonte di ispirazione. Lo sono soprattutto le voci che ci appaiono quando ascoltiamo noi stessi, che ci interrogano ad ogni passo e ad ogni decisione e che ci spingono continuamente a superare i nostri limiti. La 'Hidden Voices' appaiono anche quando cerchiamo di attrarre l'attenzione del pubblico ricostruendo atmosfere, quando proviamo a stimolare l'immaginazione oltre i nostri confini e quando cerchiamo di addentrarci all'interno di un'opera per capire com'è fatta. Le 'Hidden Voices' si trovano anche quando seguiamo le linee delle personalità protagoniste del Cubismo, come Picasso, Braque e Lam, dove la realtà è frammentata a blocchi: qui si sentono le voci occulte che si manifestarono con libertà dentro quelle opere al momento della loro creazione. Credo che più lo ascolti, più ti saranno familiari i suoi brani e le sue melodie, più questo disco ti sembrerà chiaro e vicino.»

2) Sei nato a Cuba però vivi a Brooklyn. Come si conciliano due mondi musicali così differenti? Come ti ha influenzato il luogo dove sei nato?
Santiago de Cuba è la mia principale fonte di ispirazione nonchè fonte di ricerca di sapere artistico e musicale, radice dell'abbondante ricchezza socioculturale che anima questa regione. Nonostante sia nato a Cuba, ho vissuto diversi anni in Europa e a Boston prima di stabilirmi definitivamente a Brooklyn. Dopo 20 anni, ormai non si distingue più dove termina il mio essere cubano e quello internazionale . La barriera più difficile da superare è stata quella della lingua visto che in questa parte degli Stati Uniti, nonostante vi sia una larga presenza di ispano-americani, la lingua inglese è fondamentale. Brooklyn mi è stata utile per avvicinarmi ai miei artisti preferiti, vederli suonare e conoscerli di persona e questo è molto importante per qualsiasi artista. Inoltre, Brooklyn mi ha insegnato a comprendere il mio processo creativo, a guardarmi dentro, ad ascoltare le mie voci e ad abbeverarmi della cultura della mia terra, della mia città e, una volta terminato questo processo, a esporre tutte queste ispirazioni in maniera personale, in modo che su tutte queste, possa prevelare una voce unica.

3) In Blackstar, il nuovo disco di David Bowie, suonano alcuni musicisti della scena jazz di New York. Cosa pensi di quel disco?
Mi sembra un opera geniale! L'ho ascoltato solo una volta però conosco la caratura di musicisti come Donny McCoslin, Jason Lindner, Ben Monder o Mark Giuliana. Tutti musicisti di primo livello e per loro è stata una fortuna ed un'opportunità unica poter registrare quel disco perchè rimarrà nella storia come uno dei migliori dischi pop di tutti i tempi.

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Gianni Poglio