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Rock'n'roll, incondizionatamente

Manuel Agnelli, protagonista del rock italiano, racconta come da Lou Reed alla nuova psichedelia inglese ci sia un filo creativo senza compromessi.

L’influenza che hanno avuto Lou Reed e i Velvet Underground sulla musica moderna non è minimamente paragonabile alla loro fama. Forse non tutti sanno che i primi leggendari album dei Velvet hanno venduto, ai tempi della loro pubblicazione, poco più di duemila copie, una cifra che, rapportata agli Anni 60, non è esagerato definire irrisoria. Detto questo, l’impatto che la loro musica e il loro approccio ai testi hanno avuto sui musicisti, e in generale sugli artisti, è stato enorme, paragonabile solo a quello dei Beatles. Nei contesti creativi, succede spesso che le intuizioni, anche le più brillanti e geniali, non ottengano immediatamente i riscontri meritati. Probabilmente perché sono troppo avanti rispetto ai tempi oppure, più semplicemente, perché qualcosa non è andato come doveva a livello, diciamo così, karmico. Indubbiamente i Velvet Underground sono stati una inesauribile fonte di ispirazione e lo sono ancora oggi. Forse, se parliamo del presente, la loro impronta è addirittura più incisa di quella dei Fab Four. La commistione tra spunti letterari e attitudine punk ante litteram, la sincerità verso se stessi, il cinismo della realtà raccontata senza divagazioni: sono queste le cifre stilistiche di una band la cui influenza è oggi dispersa in mille rivoli. La forza rivoluzionaria dei Velvet, per quanto riguarda le parole delle canzoni, sta nel superamento delle metafore allusive. I Rolling Stones e i grandi bluesman, per esempio, scrivevano del lato dark della vita e dei suoi aspetti più perturbanti, utilizzando immagini traslate e artifici letterari (l’eroina, nel caso degli Stones, la Brown Sugar, diventa una donna di colore, anche se tutti sanno esattamente di cosa si stia parlando...). Lou Reed invece chiama le cose esattamente con il loro nome. I personaggi dei suoi testi sono citati per nome (vedi i travestiti che popolano le strofe di Walk on the Wild Side). Si tratta di un passaggio formale che però cambia radicalmente la potenza del messaggio: i Velvet Underground hanno una forza poetica innovativa straordinaria, vanno dritti al bersaglio, raccontano la realtà con una lucidità pazzesca, senza mediazioni o nascondimenti. Lou Reed ha un cantato asciutto, tronca le parole finali, non gorgheggia assolutamente mai. È un parlato molto musicale che non aggiunge enfasi e retorica alle parole, perché le parole sono penetranti e fortissime già da sole. Sarebbe come farcire una torta di crema con la panna: stucchevole. Il punk e il post punk newyorkese hanno attinto a piene mani da questa impostazione così asciutta, diretta e senza compromessi. (…)

 

Ha collaborato Gianni Poglio

Si può leggere l’articolo integrale, illustrato con le foto del fashion designer Hedi Slimane, sul numero 12 di Flair in edicola dal 18 settembre con Panorama.

STRINGER/AFP/Getty Images
Lou Reed nell'aprile del 1983, durante una conferenza stampa al Claridge Hotel, a Stoccolma.

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Manuel Agnelli