Silicon Valley? No, Sardegna con Tiscali e il web made in italy
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Silicon Valley? No, Sardegna con Tiscali e il web made in italy

Prodotti innovativi, in grado di competere con Google e Twitter e di trasformare la rete. Viaggio nel campus dove la Tiscali riunisce i migliori cervelli italiani.

Un motore di ricerca che sfida Google, una app che fa sembrare Twitter obsoleto e un sistema che trasforma in web reporter tutti quelli che hanno in tasca uno smartphone. Tre progetti ambiziosi pronti a dare una scossa all’internet di oggi, che trascineranno la rete verso una nuova era: quella del web 3.0. Si pensa che tre idee così rivoluzionarie arrivino da start-up con sede nella Silicon Valley, frutto del talento di qualche novello Mark Zuckerberg. Invece no, sono completamente made in Italy. Per la precisione, made in Sardegna. Concepite e realizzate nella avveniristica sede della Tiscali a Cagliari.

Panorama è andato a visitare questo polo tecnologico dove Renato Soru, patron della Tiscali nonché ex presidente della Regione Sardegna, ha radunato i migliori geni nostrani dei linguaggi di programmazione strappandoli alla Apple, ai centri ricerca delle università e alle migliori aziende tecnologiche del mondo. Invertendo, almeno in questo campo, la tendenza della fuga dei cervelli. Fra i talenti che Panorama ha incontrato c’è Antonio Tuzzi, napoletano, che prima di approdare in Sardegna ha lavorato anche con Steve Jobs alla realizzazione del MacOsX, il sistema operativo che oggi è all’interno di tutti i computer Apple. Accanto a lui lavora Luca Manunza, ex ricercatore presso il Crs4 di Carlo Rubbia a cui si deve l’invenzione della web mail: la posta elettronica come siamo abituati a vederla oggi è nata da una sua idea. Nella squadra dei Soru boys c’è poi Domenico Dato, padre di Arianna, primo motore di ricerca italiano negli anni Novanta e l’uomo che ha organizzato gli archivi digitali dei principali quotidiani nazionali. Insieme a lui lavorano molti enfant prodige sardi come Marco Zoncu, che ha programmato il suo primo videogioco a 12 anni e, giovanissimo, la piattaforma di mobile banking del gruppo Intesa Sanpaolo.

Se non fosse che è affacciato sul mare e circondato da ulivi secolari, quello della Tiscali sembrerebbe un campus americano che nulla ha da invidiare alle sedi californiane della Google a Mountain View e della Apple a Cupertino: edifici bassi ed estesi in larghezza, design minimale ma molto hi-tech, vetro, alluminio, legno, pietra e tanti computer. Alla corte di Renato Soru, infatti, lavorano più di 1.000 persone. La Tiscali sembra essere a una svolta: da fornitore di accesso a internet e operatore telefonico a sviluppatore di servizi social che utilizzano la rete. Quella che stanno programmando i Soru boys è una vera offensiva al web come lo conosciamo.

Istella, il rivale di Google.
Fra pochi giorni verrà reso pubblico Istella.it, un nuovo motore di ricerca basato su una filosofia diversa da quella di Google. Specialmente su come vengono fornite le risposte e come si forma il sapere che viene catalogato. «In primo luogo Istella (che in sardo vuole dire stella) sarà un motore di ricerca completamente dedicato all’Italia» spiega in anteprima Soru a Panorama. «Abbiamo catalogato 3 milioni di siti internet per un totale di 3 miliardi di pagine web». Quello che differenzia Istella da Google è la «profondità della ricerca» spiega Soru. «Noi indicizziamo il web, il web nascosto e il sapere storico degli utenti». La Tiscali ha stretto accordi con una infinità di banche dati nazionali che hanno catalogato tutta la nostra letteratura, ma anche musei, e gli archivi dei beni culturali.

Un esempio rende meglio l’idea. Anche su Istella c’è una sezione mappe come in Google. Oltre alla visione satellitare si possono cliccare le foto aeree scattate in varie epoche.

Ma la vera rivoluzione dell’idea di Soru sta nella richiesta a tutti gli italiani di partecipare alla formazione dell’indice di Istella. «Ciascun cittadino potrà condividere foto, testi, ricordi, storia e frammenti di storie personali come si fa sui social network». Per Soru non è concepibile lasciar fare questo lavoro a una società americana. Parlare con lui è un po’ come sentire l’inno d’Italia in salsa hi-tech. «Google si pone come un’azienda che fa terra bruciata intorno a sé» attacca Soru. «Rende quasi impossibile provare a competere. In questo modo si scoraggia l’innovazione». E comunque il motore di ricerca californiano non è leader ovunque: «In Russia c’è Yandex, nella Repubblica Ceca il numero uno si chiama Seznam, in Cina il leader è Baidu e in Corea il motore più cliccato si chiama Naver» elenca Soru. Come dire: c’è ancora spazio per le idee innovative. «Noi tracciamo e non cataloghiamo le persone» precisa Soru, riferendosi al fatto che Google crea profili degli utenti in base alle ricerche effettuate. «Le risposte che Istella fornisce sono sempre le stesse, non variano a seconda del profilo dell’utente».

Indoona, il nuovo Twitter
L’altra idea di Renato Soru destinata a far parlare molto di sé si chiama Indoona, inglesizzazione di una parola sarda che significa tutto in uno. Si tratta di una app per smartphone e di un social network in stile Twitter con una serie di funzioni in più che rendono il rivale californiano quasi obsoleto. Va ricordato che la Tiscali aveva lanciato NetPhone, che permetteva di chiamare via internet, già nel 2003. «Ma era troppo presto» ricorda Soru, che oggi ci riprova con Indoona, con cui si può telefonare utilizzando il web come si fa con Skype, scrivere messaggi di testo ad amici come si fa con la ipercliccata WhatsApp, fare post con foto e testi in stile Twitter e anche condividere video in tempo reale. «Nessuno al mondo ha questa funzione» sostiene Soru. «Tutti gli iscritti a Indoona possono trasmettere fino a 10 minuti di video in diretta a tutti i loro follower».

Twitter, solo recentemente e grazie a una app che si chiama Vine, può trasmettere appena 6 secondi di filmati (non in diretta). Non c’è paragone... Per questo la app va a gonfie vele: «In poche settimane siamo arrivati a 1,5 milioni di download» precisa Soru. Innovazione che ha spinto lo «Steve Jobs sardo» a fare di Indoona una società autonoma dalla Tiscali. «Stiamo aprendo uffici a San Francisco» informa Soru.

L’era del citizen journalism
Infine c’è Streamago. «Una piattaforma che permette a tutti di realizzare una web tv con pochi clic» secondo Soru. Basta installare una app sul proprio smartphone per mandare in diretta su blog e siti i video in tempo reale. Tutti possono diventare web reporter. Naturalmente si possono utilizzare anche telecamere professionali. Di Streamago, infatti, c’è una versione gratuita e altre, più evolute, a pagamento. «Il nostro obiettivo» conclude Soru «è di ritornare alle origini di Tiscali: produrre innovazione».

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Guido Castellano