Tobin tax: l’Italia si fa male da sola
Economia

Tobin tax: l’Italia si fa male da sola

Gli operatori evitano la borsa di Milano per sfuggire alla tassa. Mentre la Ue tiene nel mirino anche i titoli di stato. Mettendo Roma in difficoltà

È arrivata una nuova tassa: dal 2 settembre la Tobin tax, discussa imposizione sulle transazioni finanziarie, si paga anche sull’acquisto di derivati, una tariffa fissa in funzione dello strumento acquistato. Per le azioni è già in vigore da marzo scorso (si paga lo 0,12 per cento), anche se nessuno ha ancora tirato fuori un euro perché il governo Letta ha posticipato l’inizio dei pagamenti al 16 ottobre. Nel frattempo lo stesso governo ha avviato a sorpresa in piena estate una consultazione pubblica per eventuali modifiche che si è chiusa il 30 agosto. Se cambierà qualcosa, si vedrà.

Il governo Monti aveva voluto anticipare di un anno le decisioni dell’Unione Europea, forse attratto da una previsione di incasso di 1 miliardo di euro. Invece sarà al massimo la metà, secondo molti operatori addirittura 250-300 milioni di euro, perché la tassa deprime gli scambi, che se ne vanno verso piazze finanziarie dove non vengono tartassati. La scelta non manca, perché finora la Tobin tax è stata varata solo in Francia (primo paese in assoluto, dove la presidenza Hollande ha voluto dare un segnale ideologicamente forte contro la «finanza cattiva»). Sedici dei 27 paesi della Ue si sono chiamati fuori da subito, tra cui ovviamente la Gran Bretagna per difendere la City, mentre gli altri 11 faticano a trovare un accordo. Infatti, se a Roma è stato fatto un passo avanti, ne sono stati fatti ben due indietro a Bruxelles. Innanzitutto i paesi Ue che sono rimasti al tavolo sembrano sempre più perplessi e la stessa Commissione europea ha già dovuto ammettere che l’entrata in vigore slitterà di almeno 6 mesi rispetto alla previsione di inizio 2014, «sempre che gli stati membri si mettano d’accordo».

Come se non bastasse, a giugno il Parlamento europeo ha stabilito che anche i titoli di stato debbano essere tassati. Fumo negli occhi per il governo italiano, preoccupato da una fuga degli investitori internazionali dal nostro debito. In questo caso il saldo della tassa diventerebbe di certo negativo.

Per scongiurare questo rischio, Roma ha minacciato il diritto di veto (le questioni fiscali in Europa si approvano all’unanimità). Così, dopo avere fatto i primi della classe con la Tobin italiana, passeremmo allo stesso tempo per i guastafeste che impediscono l’introduzione della Tobin europea. 

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Martino Cavalli