Tfr in busta paga, i pochi a cui può convenire
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Tfr in busta paga, i pochi a cui può convenire

Secondo uno studio della Uil, per la maggior parte dei lavoratori potrebbe invece portare aggravi fiscali

Si avvicina la data a partire dalla quale i lavoratori dipendenti potranno chiedere l’accredito diretto del Tfr in busta paga. Scatta infatti il primo marzo prossimo, e durerà fino al 30 giugno 2018, il periodo entro i quali i soggetti che lo vorranno potranno usufruire di questa opportunità stabilita da una legge dello Stato. A sentire però molti esperti del settore potrebbero essere davvero pochi i lavoratori a cui converrà utilizzare questa misura che in pratica mira ad aumentare la liquidità a disposizione dei cittadini per far lievitare in questo modo i consumi. A mettere in discussione fortemente l’utilità di una tale misura è arrivato ad esempio in queste ore uno studio della Uil che, numeri alla mano, dimostra come il Tfr in busta paga potrebbe non convenire a tante famiglie italiane, soprattutto per ragioni legate alle ricadute che questa liquidità aggiuntiva avrebbe sull’Isee e quindi a cascata sulle possibili agevolazioni che da esso dipendono.

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Secondo i tecnici della Uil in pratica chi sceglierà tale opzione potrebbe appunto “avere effetti penalizzanti sulla propria situazione reddituale”. Il Tfr in busta paga infatti, spiegano dal sindacato “fa alzare il reddito Isee, con un effetto ‘domino’ sul sistema agevolato delle tasse e tariffe locali, quali: asili nido, mense scolastiche, tasse universitarie ecc.”. Ad esempio, nello studio si calcola che, un reddito Isee di 12.500 euro a Milano comporta una tariffa degli asili nido di 103 euro mensili, mentre con un Isee di 12.501 euro, quindi anche solo di un euro in più, la tariffa in questione lieviterebbe a 232 euro mensili. Per una mensa scolastica a Roma il costo con un reddito Isee di 12.500 euro è invece di 50 euro mensili, mentre se si superasse sempre di un solo euro tale soglia, la spesa salirebbe a 54 euro mensili. E ancora, per l’iscrizione all’Università “La Sapienza”, la quota annuale con un reddito Isee di 12 mila euro è  di 549 euro l’anno, ma con un reddito Isee di 12.001 la quota balzerebbe a 600 euro l’anno.

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Ma le brutte sorprese non finiscono qui. “Per effetto della tassazione ordinaria al posto di quella separata – spiegano infatti sempre dalla Uil - si avranno delle penalizzazioni di 330 euro medi l’anno, tra maggiore tassazione (50 euro medi l’anno) e minori sgravi fiscali (280 euro medi l’anno). Infatti, se da una parte la busta paga con il Tfr mensilizzato sarà mediamente più pesante di 97 euro mensili, dall’altra questo ‘nuovo introito’ sarà tassato con l’aliquota Irpef ordinaria anziché a tassazione separata”. Ancora una volta a rendere più emblematica la situazione pratica che potrebbero vivere molti lavoratori, sono i numeri utilizzati nello studio. In esso, ad esempio, si considera un reddito di 23 mila euro (imponibile medio dei lavoratori dipendenti), per il quale con il Tfr in busta paga potrebbero scattare aumenti di 97 euro medi mensili, che salgono a 105 euro per i redditi di 25 mila euro e a 125 euro per i redditi di 35 mila euro, mentre scendono a 76 euro mensili per un reddito da 18 mila euro.

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Ma se questi sono i benefici, come detto, bisogna tener conto degli effetti perversi della tassazione sopra ricordati. E allora un reddito di 18mila euro lordi, con Tfr annuo pari a 957 euro, al posto del 23% pagherà il 27%; un reddito di 23mila euro, con un Tfr annuo maturato di 1.209 euro, pagherà sempre il 27% anziché il 23,9%; e ancora un reddito di 35mila euro con un Tfr annuo pari a 1.806 euro pagherà il 38% anziché il 25,3%. In pratica quindi secondo la Uil, saremmo di fronte, come accennato, a una “tassazione ordinaria mediamente più pesante di 50 euro annui per un reddito di 23 mila euro con punte di 307 per un reddito di 35 mila euro”. Quanto basta per prevedere che saranno sicuramente in tanti a riflettere con molta attenzione sull’opportunità o meno di chiedere l’accredito del Tfr in busta paga.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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