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Economia

Tasse, perché ora alle multinazionali del web converrà pagare

Un emendamento alla manovra correttiva prevede che i colossi di Internet si accordino preventivamente con il fisco sull’entità delle proprie imposte

Non siamo ancora di fronte a una vera e propria web tax, ma la strada indicata da un emendamento alla manovra correttiva voluto dal presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, Francesco Boccia del Pd, è quella che conduce proprio a una tassazione più sensibile, anche se comunque equa, dei grandi colossi di Internet. Per arrivare davvero a un modello fiscale unico per tutte le grandi multinazionali dell’online ci vorrà un accordo di livello internazionale tra i vari governi. Intanto però il Parlamento italiano sembra voler indicare una direzione, che è poi quella che dovrà vedere i colossi del web collaborare sempre più “volontariamente” con il fisco per evitare che si aprano scontri e diatribe tipo quella che si è chiusa recentemente tra Italia e Google, dopo circa un anno di controversie.

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Cosa prevede l’emendamento
Secondo le intenzioni del legislatore, dovrebbe emergere una sorta di interesse della multinazionale del web a collaborare con il fisco, arrivando quasi a definire preventivamente l’entità della propria tassazione. In pratica verrebbe introdotta una disciplina giuridica ad hoc per i colossi dell’online che abbiano fatturati superiori ai 50 miliardi di euro. Le aziende in questione dovrebbero instaurare una sorta di comunicazione e di cooperazione con il fisco, ammettendo in via preliminare di avere effettivamente una stabile organizzazione nel nostro Paese, evitando così le scappatoie utilizzate finora che prevedevano fittizie certificazioni di sedi legali in Paesi fiscalmente più compiacenti. Una volta ammesso di operare effettivamente in Italia, insieme al fisco si andrebbero a definire i limiti massimi di una possibile tassazione, attenendosi alla quale, la multinazionale eviterebbe l’avvio di indagini e inchieste da parte della Guardia di Finanza e dell’amministrazione fiscale.

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Requisiti della stabile organizzazione
Esistono condizioni che fanno sì che l’amministrazione fiscale consideri effettivamente una multinazionale come un’impresa con una stabile organizzazione in Italia. Ci riferiamo in particolare al fatto che  il distributore, ossia la società non residente della multinazionale, effettui cessione di beni e servizi a clienti italiani. E ancora che il server provider della stessa multinazionale, che fornisce servizi attraverso una stabile organizzazione in Italia, stipuli con il distributore contratti di supporto alla vendita. E infine che il server provider operi come soggetto radicato in Italia che svolge anche funzioni aggiuntive.

Controversie arretrate
Secondo l’emendamento inoltre, si potrebbero andare a sanare anche le eventuali controversie riguardanti anni fiscali passati. In pratica, anche in questo caso, l’amministrazione erariale dovrebbe raggiungere un accordo con la multinazionale del web, che permetta a quest’ultima di ripagare gli arretrati, usufruendo anche dell’istituto dell’accertamento con adesione, che consente un taglio della metà delle sanzioni normalmente applicate in questi casi.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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