Tares, ecco perché pagheremo oro la tassa sui rifiuti
Economia

Tares, ecco perché pagheremo oro la tassa sui rifiuti

Con la nuova imposta finanzieremo anche illuminazione pubblica e manutenzione delle strade. Punite poi le imprese che producono più immondizia

Nel 2012 l’incubo fiscale degli italiani è stato rappresentato senza dubbio dall’Imu,la nuova tassa sugli immobili che ha sostituito la vecchia Ici. Nessuno però si aspettava che in questo 2013  il terrore dell’imposta sulla prima casa potesse essere superato da un nuovo mostro tributario che allunga la sua ombra su tutti i contribuenti italiani. Stiamo parlando della Tares, la nuova tassa sui rifiuti che andrà a sostituire le vecchie Tarsu e Tia.

Famiglie, ennesimo salasso fiscale
Per capire l’entità della vera e propria mazzata fiscale che subiremo, e le ragioni di questa ennesima recrudescenza erariale, partiamo dai privati cittadini. Quello che minaccia di abbattersi sui bilanci familiari per l’inizio dell’estate ha tutte le sembianze di un vero e proprio bagno di sangue. A giugno infatti scatterà il primo acconto dell’Imu, a luglio poi sarà la volta dell’aumento dell’Iva di un punto. Ma quello che preoccupa di più, come accennato, è l’arrivo della prima rata della Tares , sempre a luglio. Si prospettano infatti aumenti medi, rispetto alle vecchie Tarsu e Tia, dell’ordine del 20% fino anche a un +40%. Le ragioni di questi rincari sono da ricercarsi innanzitutto nella natura stessa delle nuova imposta.

Seppur denominata ancora tassa sui rifiuti, in effetti con la nuova Tares pagheremo anche un contributo per quelli che vengono definiti servizi indivisibili,. Ci riferiamo ad esempio all’illuminazione pubblica o alla manutenzione di strade e piazze. Tutte spese che prima venivano coperte dai Comuni tramite i trasferimenti dello Stato e che invece ora saranno finanziati direttamente dai cittadini, visti i tagli pesantissimi subiti dalla spesa pubblica. Ma come se non bastasse questo, in molte realtà locali gli aumenti della Tares sono anche legati alle inefficienze del trattamento dei rifiuti. In molte zone del Paese infatti, la corretta gestione dell’immondizia stenta ancora a decollare. Di qui la necessità di imposte sempre maggiori per fare fronte a vere e proprie emergenze che rischiano di gettare molti Comuni italiani, soprattutto del Centro-Sud, in condizioni paragonabili a quelle vissute da Napoli fino a qualche tempo fa.

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Imprese, un vero e proprio colpo di grazia
Ma se alle famiglie la Tares provoca mal di pancia, per molte imprese potrebbe rappresentare addirittura un vero e proprio colpo di grazia. All’orizzonte infatti si prospettano aumenti che definire enormi rappresenta un’approssimazione per difetto. Come ha denunciato infatti Confcommercio con un allarmato comunicato, si andrà da rincari del 60% per i negozi di abbigliamento, calzature, librerie ferramenta ed altri beni durevoli, al 170% dei distributori di carburanti, al 370% di bar, al 550% dei ristoranti fino al 650% delle discoteche. E’ stato calcolato, ad esempio, che per un bar con una superficie estesa di una qualsiasi media cittadina italiana, si potrebbe passare da un esborso di 50mila euro di vecchia Tarsu o Tia, a uno di ben 135mila euro per la nuova Tares.

Un esborso che potrebbe spingere molte attività medio-piccole se non a chiudere, comunque a rivedere i propri livelli occupazionali, con un ulteriore aggravamento dei livelli di disoccupazione del Paese, che già sono preoccupanti. Nel caso delle imprese tra l’altro, l’aumento così vistoso delle tariffe della Tares è da collegare al fatto che sono stati determinati dei coefficienti più elevati per quelle attività che presumibilmente producono più rifiuti. Un meccanismo di cui  le vecchie Tarsu e Tia in effetti tenevano conto in maniera molto più blanda. Detto ciò però è assurdo poter giustificare rincari di questa entità. E’ per questo che Confcommercio ha lanciato un appello a quello che sarà il nuovo governo, affinché con urgenza si rivedano i criteri di pagamento della nuova Tares, per evitare un nuovo colpo mortale a tante attività commerciali.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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