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Sergio Oliverio Imagoeconomica / Imagoeconomica
Economia

Studi di settore: dopo l’abolizione, ecco cosa accadrà nel 2017

Il governo li sostituirà con meccanismi di accompagnamento al pagamento delle tasse, che prevedono premi per i più virtuosi

Abolizione doveva essere e abolizione è stata: dal 2017 diremo addio agli studi di settore, che finiscono in soffitta, a dire il vero, senza grande rammarico. Da sempre infatti, fin dalla loro introduzione nel 1993, avevano suscitato perplessità, per non dire aperta ostilità, da parte dei circa 3,6 milioni di commercianti, professionisti e imprese, che non condividevano le modalità con cui venivano determinati i ricavi di una determinata attività economica, permettendo poi di verificare l’eventuale congruità con quanto dichiarato al fisco. Troppo distanti le statistiche calcolate dagli elaboratori del fisco, dalla realtà, sulla quale tra l’altro negli ultimi anni, si è accanita non poco la crisi. Ma vediamo allora come cambiano le cose secondo quelle che sono le nuove disposizioni della legge di stabilità.

Come funzionava prima

Per capire la rilevanza del cambiamento, è bene ricordare, in maniera molto sintetica, come funzionavano gli studi di settore in vigore fino a quest’anno. In pratica, per ogni categoria produttiva che sottostava a questo tipo di regime, venivano individuati dei fatturati minimi, un livello di introiti che in un qualche modo si riteneva plausibile che una certa attività potesse e quindi dovesse generare. Chi dichiarava di meno, doveva dimostrare in maniera efficace il perché di questo sforamento. Le critiche, come detto, sono state sempre incentrate sul fatto che tale sistema non teneva in debito conto il contesto territoriale in cui l’attività veniva svolta, e le conseguenze della crisi economica che ha investito in questi anni il nostro Paese.

I nuovi indicatori di congruità

Il nuovo sistema che esordirà nel 2017 prevede quelli che sono stati definiti degli indicatori di compliance. In pratica si cercherà di accompagnare il contribuente al pagamento delle tasse, misurando in un qualche modo la sua fedeltà all’erario. Verranno quindi presi in grande considerazione anche i comportamenti tenuti negli anni precedenti. Quel che più conta però è che sparirà la vera e propria funzione di accertamento svolta finora dai vecchi studi di settore. Al suo posto un programma che andrà a misurare praticamente l’affidabilità tributaria di professionisti, artigiani e imprese.

E per i più bravi, anche i premi

La misurazione della fedeltà del contribuente porterà con sé conseguenze molto rilevanti, perché a chi si dimostrerà decisamente più affidabile, nel tempo verranno assegnati anche dei premi. Ovviamente non economici, ma ad esempio si potrà ricevere più velocemente i rimborsi fiscali, oppure, cosa decisamente non da poco, si eviterà l’avvio di accertamenti e ispezioni. Insomma, la nuova filosofia sarà quella di provare a venirsi incontro: da una parte lo Stato dice addio agli studi di settore adottando contestualmente meccanismi premiali, dall’altro ci si attende che imprese e professionisti colgano l’occasione per mettere in campo atteggiamenti sempre più collaborativi con il fisco.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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