Imu e Chiesa, il governo cerca la scappatoia
Economia

Imu e Chiesa, il governo cerca la scappatoia

Un nuovo cavillo legislativo aiuta il Vaticano a non pagare l'imposta sugli immobili

Rischia di diventare una vera e propria telenovela in salsa italiana il pagamento dell’Imu da parte della Chiesa. Giorno dopo giorno infatti, il processo legislativo che dovrebbe portare a sancire in via definitiva che anche gli immobili ecclesiastici utilizzati per scopi commerciali debbano pagare la nuova tassa sulle abitazioni, si arricchisce di una nuova puntata. Una querelle che di certo non contribuisce a calmare gli animi dei milioni di italiani che invece già hanno provveduto a pagare prima ed eventuale seconda rata dell’odiatissima imposta, e che ora attendono il 17 dicembre per il definitivo saldo.

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Secondo indiscrezioni raccolte dal quotidiano Repubblica, il governo si appresterebbe ad aggiungere una nuova postilla alla norma che stabilisce anche per i locali religiosi il pagamento dell’Imu. Si tratterebbe di un codicillo per semplificare di molto il concetto di ente no profit: in pratica si tratterebbe di inserire nello statuto una modifica secondo cui sarebbe vietato distribuire gli utili, i quali dovrebbero invece essere sempre reinvestiti per scopi sociali. Una soluzione questa studiata su misura per tutte quelle strutture religiose miste che, a fianco all’attività strettamente ecclesistica, operano in regime di mercato, come cliniche, alberghi, ostelli e mense.

L’anomalia, tra l’altro, non sarebbe solo quella di sottrarre al pagamento dell’Imu la parte di immobili utilizzati strettamente per attività commerciali, come previsto in origine dalla legge per la nuova imposta, ma anche che la modifica in questione non riguarderebbe tutti gli enti no profit, ma solo quelli legati alla Chiesa. Un vero e proprio colpo di mano secondo molti osservatori, che probabilmente causerà nuove pesanti polemiche.

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Polemiche che d’altronde non sono mancate da maggio scorso, termine ultimo entro il quale il governo aveva promesso di emanare la circolare con cui avrebbe specificato quali dovessero essere appunto i criteri per distinguere immobili della Chiesa tenuti al pagamento dell’Imu, e parti di abitazioni invece esentati da tale dovere. La circolare però non è mai arrivata , lasciando in molti il fondato dubbio che il governo volesse semplicemente lasciar cadere l'argomento. Tra l'altro ci ha pensato poi anche il Consiglio di Stato  a dare una mano al Governo, bocciando il provvedimento originale e stabilendo che il decreto in questione era stato scritto male, e non poteva essere comunque applicato.

Proprio quando tutti gli italiani stavano rassegnandosi a che ancora un volta gli immobili del Vaticano l’avessero fatta franca, ci ha pensato l’Unione europea ad intervenire con pesantezza sulla vicenda . La Commissione di Bruxelles ha intimato infatti all’Italia non solo di prevedere per gli immobili della Chiesa il pagamento dell’Imu, ma di recuperare anche la parte di Ici che dal 2006 non era stata versata dagli enti religiosi. Una presa di posizione che ha spinto dunque il governo a riprendere in mano il dossier Imu, per provare a trovare una soluzione, nella convinzione forse che gli italiani, sostenuti questa volta anche dall’Unione europea, non siano assolutamente intenzionati ad accettare che, in un periodo di crisi come quello attuale, qualcuno, nel caso specifico gli enti religiosi, possa sottrarsi al proprio dovere fiscale.

Ora però l’ultimo colpo di scena, con il governo che tenta in extremis comunque di salvare la Chiesa dal pagamento dell’Imu, con il classico stratagemma legislativo. Vedremo se la denuncia partita oggi servirà ad evitare questa ennesima beffa, o se magari, allertata della cosa, l’Unione europea possa decidere di mettere in campo un nuovo richiamo all’Italia.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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