Flat-Tax
ANSA / MATTEO BAZZI
Economia

Flat Tax, perché finora nessuno l'ha messa in campo davvero

Si riaccende il dibattito sull’istituzione di una imposta unica fissa non superiore al 25%. Gli ostacoli alla sua applicazione

A riaccendere il dibattito è stato l’Istituto Bruno Leoni (Ibl), noto think thank di orientamento liberale e liberista, oggi presieduto dall’economista Nicola Rossi. Nelle scorse settimane, l’Ibl ha rilanciato la proposta di istituire in Italia la Flat Tax, la tassa piatta, cioè un prelievo fisso del 25% che dovrebbe sostituire diverse tasse e soprattutto l’attuale irpef, l’imposta sui redditi delle persone fisiche che ha invece delle aliquote progressive, che salgono all’aumentare del reddito e variano tra il 23 e il 43%.

Un fisco più snello

Lo scopo dell’istituzione della flat tax è creare un fisco più semplice, snello e meno esoso, a differenza di quello esistente oggi in Italia, pieno di regole e di cavilli e penalizzante soprattutto per i redditi da lavoro, tartassati con le pesanti aliquote dell'irpef. La proposta dell’Isitituto Bruno Leoni è abbastanza articolata ma, a ben guardare, non si tratta di una grande novità. La flat tax è stata infatti più volte discussa da diversi economisti negli anni scorsi ed è anche nei programmi elettorali della Lega Nord e di Forza Italia.

E allora perché, viene da chiedersi, nessuno ha mai provato sul serio a introdurla?  Il primo ostacolo che la tassa piatta incontra sulla propria strada è di carattere giuridico. Esiste infatti un articolo della Costituzione Italiana,  il numero 53, che stabilisce che ”il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. In altre parole, la legge suprema dello Stato italiano stabilisce che chi guadagna di più deve pagare una quota di tasse maggiori.


L'articolo 53 della Costituzione

Dunque, se venisse introdotta la flat tax, qualcuno farebbe di sicuro il possibile per sollevare dubbi di costituzionalità su questa nuova imposta, rimettendosi al parere della Consulta per farne dichiarare l’illegittimità. Chi propone l’aliquota unica, però, ribatte prontamente sostenendo che, pur essendoci un prelievo fisso del 25% per tutti i contribuenti, poveri e ricchi, la flat tax si accompagna a un sistema di deduzioni fiscali che premia chi guadagna meno e garantisce dunque il principio della progressività delle imposte.

Tralasciando la Costituzione, però, c’è un altro motivo che probabilmente è il principale ostacolo all’arrivo dell’aliquota unica. E sono gli stessi calcoli fatti dall’Istituto Bruno Leoni a metterlo in evidenza. L’Ibl stima infatti che la flat tax farebbe perdere ben 72 miliardi di euro di entrate dell’irpef, che possono essere compensate con un aumento dell’iva (portandola al 25% ) e soprattutto con un bel po’ di tagli alle prestazioni assistenziali fino a un massimo di quasi 60 miliardi, a cui può aggiungersi una seria spending review, una revisione della spesa corrente dello Stato di cui si parla da anni.

Per introdurre la flat tax, insomma, ci vuole una massiccia sforbiciata alle spese. Ed è proprio qui il nocciolo della questione: se cambiare una tassa o unificare le aliquote di un'imposta è in teoria facilissimo, tagliare la spesa in Italia è sempre stata invece una missione impossibile, per qualsiasi governo di qualunque colore politico

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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