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Economia

Suez 2, cinque cose da sapere: l'impatto del nuovo canale di Panama per il commercio

72 chilometri pronti a generare profitti per 13 miliardi di dollari

Il nuovo canale di Suez

egitt-al-sisiIl Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi BRENDAN SMIALOWSKI/AFP/Getty Images

E' ormai tutto pronto a Ismailiya per l'inaugurazione di domani del secondo canale di Suez. Un progetto per cui il Presidente Abdul Fattah al-Sisi si è battuto sin dal giorno del suo insediamento. In parte per rafforzare la propria popolarità e voltare pagina dopo gli anni instabilità politica seguita alla caduta del regime di Hosni Mubarak nel 2011, e in parte anche per dare al paese tante buone ragioni per convincersi che il futuro dell'Egitto e tutt'altro che nero, e che l'economia e il prestigio del paese potranno presto ritrovare il loro antico splendore. 

I numeri del secondo canale

suez-egittoLa costruzione del secondo canaleKHALED DESOUKI/AFP/Getty Images

Un progetto che avrebbe dovuto essere completato in tre anni ma che il al-Sisi ha voluto venisse terminato in meno di uno. E così è stato: 72 chilometri resi operativi in meno di dodici mesi, anche grazie all'entusiasmo della comunità industriale e finanziaria locale che in appena otto giorni ha messo a disposizione gli 8,5 miliardi di dollari necessari per la costruzione del passaggio. Il primo Canale di Suez, inaugurato nell'ormai lontano 1869, è stato costruito in dieci anni.

I vantaggi di Suez 2

egitto-suezNave cargo in transitoAFP/Getty Images

Il primo vantaggio creato da questo doppio canale è quello di rendere più agevole il traffico in entrambe le direzioni, grazie a una riduzione drastica dei tempi di attesa e di transito per le navi commerciali. Secondo stime realizzate dal governo egiziano il numero di imbarcazioni che attraversano quella che è da sempre una linea di comunicazione chiave tra Europa e Asia dovrebbe raddoppiare (da 49 a 97 navi cargo al giorno), aumentando di conseguenza i profitti per il paese

Ricavi attesi

egitto-suezAFP/Getty Images

Oggi dal Canale di Suez passa il 7 per cento del traffico commerciale marittimo globale, e i profitti derivanti da questo traffico rappresentano la principale entrata di valuta straniera per la nazione. Stime egiziane calcolano che grazie al secondo canale le rendite che si attestano oggi su una media di poco più di cinque miliardi di dollari finiranno col superare il tetto dei tredici a partire dal 2023. Un incremento netto dovuto anche alla riduzione dei tempi di percorrenza del canale, che dovrebbe passare da una media di 18 a una di 11 ore. 

Da simbolo di orgoglio nazionale a emblema di prosperità

nasser-suezNave affondata dagli egiziani nel 1956STAFF/AFP/Getty Images

Nel luglio del 1956 la chiusura del canale voluta da Gamal Abd el-Nasser per protestare contro il rifiuto occidentale di finanziare la costruzione della diga di Assuan aprì una crisi che culminò con l'intervento armato anglo-franco-israeliano contro l'Egitto. Oggi, la nuova rotta si pone come unico obiettivo quello di aumentare benessere e prosperità per l'intera popolazione. Del resto, secondo altre stime governative entro il 2050 il nuovo Canale potrebbe essere in grado di coprire il 35 per cento delle entrate del paese. Per fare in modo che tutto vada per il verso giusto, circa 10mila agenti sono stati spostati a Ismailiya per garantire la sicurezza prima, durante e dopo la parata navale di inaugurazione. 

I limiti dell'investimento

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Nonostante i vantaggi in termini economici siano più che evidenti, non mancano gli esperti convinti che gli 8,5 miliardi di dollari investiti nel progetto avrebbero potuto essere spesi meglio. Dal loro punto di vista il paese ha disperatamente bisogno di infrastrutture e di case, e nessuno se ne sta occupando. Eppure, più di un anno fa il al-Sisi si era detto interessato a creare attorno all'area del Canale una nuova zona metropolitana con abitazioni, centri servizi, zone industriali, collegamenti stradali e ferroviari, e di favorire il trasferimento in questa stessa zona di impianti petrolchimici, di metallo leggeri, e di canteri per la costruzione e la riparazione delle navi, sfruttando così il canale come volano per rilanciare l'industria nazionale

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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