Spread, un "imbroglio"? Forse. Ma di certo uccide
Economia

Spread, un "imbroglio"? Forse. Ma di certo uccide

Definirlo così è un po' come imitare Don Ferrante dei Promessi Sposi

Don Ferrante, il personaggio dei ”Promessi sposi” che, con la moglie Donna Prassede, ospitò a Milano Lucia Mondella ricercata dai bravacci di Don Rodrigo, era un filosofo e discettava, aristotelicamente, sulla natura della peste, la gravissima malattia contagiosa che imperversava in città: si chiedeva se cioè fosse sostanza o accidente, perchè se fosse stata sostanza, allora sarebbe stato necessario combatterla, ma come una circostanza definitiva, di cui tener conto per sempre; poiché invece era noto che la peste sarebbe passata presto, la si doveva considerare accidente, e come tale si era liberi di non curarsene.

Ma così discettando, Don Ferrante si contagiò e morì: “Su questi bei fondamenti”, commenta il Manzoni, “non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s'attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle”. 
Definire lo spread “un imbroglio” - scelta fatta da Silvio Berlusconi nei primissimi discorsi di questa sua ridiscesa in campo - non è proprio come imitare Don Ferrante ma quasi.

Nel senso che sì, in fondo lo spread è un imbroglio, ma intanto che lo definiamo tale e magari sognamo di smascherarlo debellandolo, rischia di ammazzarci. Ed è quanto poi lo stesso ultimo governo Berlusconi ha ben sperimentato sulla propria pelle, nonostante la “linea dura” tenuta dall'allora ministro dell'Economia Tremonti e nonostante gli stessi impegni dell'ex premier. 
In che senso lo spread “è un imbroglio”? Nel senso che è un indicatore economico più attento alla speculazione – la quale, come dice la parola stessa, tenta di prevedere l'evoluzione delle vicende più che la loro situazione momentanea – che non ai “fondamentali” di un'economia.

E quindi ha ragione il Cavaliere quando rileva che “non uno degli indicatori economici vanno bene” in Italia oggi, dopo un anno di “cura Monti”, ma la verità di queste ultime ore è che ha ricominciato ad andar male anche l'unico che sembrava essersi aggiustato, appunto lo spread. 
Ma attenzione: rivedere uno spread in aumento non è solo un fatto antiestetico, al contrario significa – banalmente – che il sistema internazionale delle grandi banche d'investimento anglosassoni, rispetto al quale l'Italia è pur sempre una nocciolina, ha deciso che sia giusto nuovamente “diffidare” del nostro Paese e della sua capacità di rispettare gli impegni di finanza pubblica, e quindi che le prossime aste di titoli di Stato, per poter essere collocate, dovranno offrire rendimenti più alti, che significano costi maggiori per le casse dello Stato e, in definitiva, più tasse o meno risorse nel bilancio pubblico.

In questo senso sarà anche un imbroglio, ma intanto che lo smascheriamo c'ha belli e ammazzati. Per carità, sia chiaro: questo ragionamento non può e non deve – come invece hanno da mesi predicato alcuni ayatollah del montismo – inibire al nostro Paese il ritorno alla politica “normale”. Esprime la peggiore antipolitica l'idea di coloro che non si fidano della capacità degli elettori di ridarsi un governo per l'appunto politico, chiudendo la fase d'emergenza scandita da questi mesi di governo tecnico.

Ma per ora, chiunque sostituisca Monti al governo col sostegno del voto popolare – che si chiami Bersani, Berlusconi o per assurdo Grillo - deve sapere che le condizioni economico-finanziarie imposte dall'Unione economica e monetaria e dalla Bce agli stati membri dell'euro sono ineludibili. Si dovrebbe rinegoziarle, si dovrebbe fare fronte comune con gli altri Stati del Sud Europa – la Francia innanzitutto, appena colpita anche lei dalle batoste delle agenzie di rating – per costringere tutti insieme la Germania a mollare la sua linea dura, ma intanto che si compie – ammesso si riesca – questo difficile braccio di ferro politico che in verità non è nemmeno cominciato, bisogna stare alle regole, per sporche che siano.

L'alternativa è finire come la Grecia: cedere sovranità, elemosinare prestiti capestro, impoverire paurosamente il livello di vita collettivo e non rivedere comunque uno straccio di stabilità. Tutto questo è colpa dell'imbroglio-spread? Sissignore. Ma prima cerchiamo di sopravvivere, poi ne discutiamo.

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