Rendite finanziarie: cosa cambia dal 1° luglio
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Rendite finanziarie: cosa cambia dal 1° luglio

Dal prossimo mese, sale di 6 punti la tassazione sui più importanti prodotti d’investimento, esclusi i titoli di stato e i buoni postali. Ecco quanto pagheranno i risparmiatori

Un aumento della tassazione di 6 punti. È la novità che attende gli investitori italiani dal prossimo 1° luglio, quando salirà dal 20 al 26% il prelievo sulle rendite finanziarie, come già annunciato da tempo dal governo Renzi. Gli interessi dei conti bancari e i guadagni ottenuti dagli investitori con le azioni, le obbligazioni, i fondi comuni e alcune categorie di polizze sulla vita (le unit e index linked) subiranno dunque un giro di vite da parte del fisco. Dalla tagliola delle tasse si salvano soltanto i rendimenti dei titoli di stato e dei buoni fruttiferi postali, che conserveranno l’attuale aliquota ridotta del 12,5%, che è la più vantaggiosa in assoluto. Un caso particolare è rappresentato dalle polizze sulla vita del Ramo I, che investono in prevalenza nei Buoni del Tesoro. La quota del loro portafoglio impiegata nei titoli di stato verrà tassata al 12,5% mentre la parte del patrimonio delle polizze destinata ad altre obbligazioni (per lo più ai bond bancari) subirà invece il prelievo del 26%.

RENDITE FINANZIARIE: IL PRELIEVO DEL 26%

Ecco una panoramica di quanto costerà ai risparmiatori questo giro di vite sulle rendite finanziarie. Per chi investe nei titoli di stato e nei buoni postali, ovviamente non cambia nulla, mentre l’aumento della tassazione sarà abbastanza limitato per chi ha nel portafoglio le polizze del ramo I (poiché il loro patrimonio è composto appunto in gran parte da obbligazioni governative). Discorso diverso, invece, per chi ha scelto tutti gli altri prodotti finanziari presenti sul mercato. Se un conto deposito dà un interesse del 2,5% all’anno, per esempio, con la nuova tassazione maggiorata renderà l’1.85% netto, contro il 2% di oggi. Inizialmente, tuttavia, il fisco terrà conto dei rendimenti già maturati prima che scattasse il nuovo prelievo . Esempio: nel caso del conto corrente sopra menzionato che rende il 2,5% lordo, la parte di interessi relativa al primo semestre dell’anno verrà tassata al 20% mentre la quota di interessi maturata dal 1° luglio in poi subirà un prelievo del 26%. La stessa cosa avverrà per i rendimenti garantiti dalle obbligazioni mentre per i dividendi incassati da chi ha qualche azione nel portafoglio conterà soltanto il momento in cui vengono erogati. Un dividendo liquidato prima del 30 giugno viene tassato con l'aliquota del 20%. Una cedola azionaria erogata da luglio in poi, invece, sarà sottoposto al nuovo prelievo del 26%.

Dal 2015 in poi, invece, tutto il rendimento incassato durante l’anno sarà soggetto alla nuova tassazione maggiorata. Dunque, se un bond bancario offre un interesse lordo del 3%, il prossimo anno renderà il 2,2% circa al netto delle tasse, contro il 2,4% di oggi. Tradotto in soldoni, questo aumento delle imposte si traduce in una perdita per i risparmiatori di quasi 20 euro all’anno, su un capitale di 10mila euro. Se però la somma investita è più alta, pari a 100mila euro, allora vi sarà un incremento della tassazione di 200 euro ogni 12 mesi (sempre nel caso di un risparmiatore che investe in un bond bancario che rende il 3% lordo).

L'AFFRANCAMENTO
Non va dimenticato, infine, che la prossima riforma della tassazione sulle rendite prevede un regime particolare per i capital gain, cioè i guadagni in conto capitale ottenuti comprando o vendendo le azioni e le obbligazioni o i prodotti derivati. Per questo tipo di rendite, che spesso maturano nell’arco di diversi anni, gli investitori possono ricorrere (facoltativamente) a una particolare procedura che si chiama affrancamento. Si tratta di un sistema di tassazione che tiene conto del periodo in cui i capital gain sono stati realizzati. In pratica, con l’affrancamento l’investitore sceglie di pagare subito il prelievo del 20% per la parte di guadagni in conto capitale maturati fino al 30 giugno, anche se non ha ancora venduto i titoli. Quando li venderà realmente e incasserà i profitti in un momento successivo, lo stesso investitore pagherà un imposta del 26% soltanto sulla parte di capital gain maturata eventualmente dopo il 1° luglio mentre sulla quota di guadagni anteriore al 30 giugno è già stata applicata la vecchia tassazione del 20%. Per decidere se avvalersi o meno dell’affrancamento c'è tempo fino al 30 settembre prossimo.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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