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Clive Rose/Getty Images
Economia

Come misurare prosperità e benessere di una nazione

Per l'Economist il Pil non serve a nulla. Più utili infrastrutture e qualità dei servizi

Il tema di come misurare davvero la prosperità di una nazione affligge gli economisti da qualche decennio, da quando ci si è resi conto che il Prodotto interno lordo, benché relativamente semplice da calcolare, è uno strumento inadeguato. Da un lato, le statistiche che ne costituiscono il fondamento si basano su dati che in molte circostanze si sono rivelati aleatori (un caso esemplare: quello del ricalcolo del Pil nigeriano nel 2014, che ha consentito una crescita del suo valore dell'89%). Dall'altro, i numeri del Pil non riflettono adeguatamente quelle sfumature che davvero definiscono la prosperità, perché ci danno informazioni solamente sulla quantità di ciò che viene prodotto e consumato e non sulla sua qualità.

Secondo l'Economist, per arrivare a una misurazione più efficace della prosperità, occorrono tre passaggi. Il primo ingrediente della ricetta proposta dal prestigioso settimanale britannico è piuttosto semplice: affinare le tecniche di calcolo, in modo da evitare revisioni al rialzo o al ribasso che rendono le statistiche inaffidabili. Come? Tenendo conto dei flussi di denaro online e dei volumi di transazioni con carta di credito, ad esempio. E mettendo da parte le indagini di mercato tradizionali.

Secondo ingrediente, introdurre nel calcolo ciò che oggi non è presente. Il valore delle ore di lavoro domestico non retribuito, ad esempio. Oppure quello del miglioramento nella qualità della vita derivante dagli standard di assistenza sanitaria o dall'introduzione di nuove tecnologie che facilitino la vita quotidiana.

Da ultimo, l'Economist suggerisce di tenere conto del capitale materiale e immateriale a disposizione di una nazione: la sua rete stradale, quella idrica, il patrimonio di conoscenze e capacità posseduto dai cittadini. Cose non semplici da misurare, evidentemente, ma che se incluse nel valore del Pil darebbero davvero un quadro preciso del benessere di uno Stato.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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